Mar. Lug 16th, 2024

I presìdi idraulici, concepiti tra il 1999 e il 2002 e attivati per sei volte, ancora non esistono. In un dossier del commissario di Calabria Verde tutti paradossi nelle norme. L’unico servizio operativo è il monitoraggio. E i conflitti di competenze hanno generato una paralisi

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“Istituzione presidio idraulico”. La delibera di giunta regionale porta la data del 10 giugno 2002, una vita – e parecchi drammi dovuti al dissesto idrogeologico – fa. L’atto avrebbe dovuto gettare le fondamenta della difesa del territorio. Ma il condizionale, in questa storia, è d’obbligo. E infatti i 13 presidi idraulici previsti non esistono ancora anche se sono stati istituiti per 6 volte negli ultimi dodici anni.
Il dato è contenuto nel dossier che Aloisio Mariggiò, commissario straordinario di Calabria Verde, ha inviato alla Procura di Catanzaro, alla Guardia di finanza e al dipartimento Presidenza della giunta regionale. La relazione è un viaggio nei paradossi della burocrazia: nei sottoscala amministrativi in cui si producono leggi inutili e competenze sovrapposte. Un sistema perfetto per generare la paralisi in un settore che si scuote soltanto davanti alle tragedie e poi ripiomba nel limbo dell’inazione. Tutto accade nella regione italiana più esposta al dissesto idrogeologico. E gli atti sono ufficiali: l’inerzia è stabilita per legge.

 

TUTTO PIANIFICATO. SOLO SULLA CARTA Mariggiò ha seguito il filo di tutte le disposizioni approvate nel corso degli anni: il risultato è sorprendente. Sedici anni fa si stabilisce nero su bianco quali siano le attività da assegnare ai presìdi idraulici.
È tutto previsto, in teoria: la sorveglianza, la “polizia idraulica”, la manutenzione degli alvei. Qualche tempo dopo, la Presidenza del Consiglio dei ministri dirama una direttiva che ha lo scopo di migliorare il sistema dell’allertamento: l’atto affida ai “presìdi idraulici” il servizio di piena e il pronto intervento idraulico, due attività da effettuare nel corso delle emergenze. La giunta regionale, così, sceglie di rivedere la propria precedente delibera del 2002, che a sua volta ne integrava una del 1999 con la quale era stato «avviato in via sperimentale e provvisoria il servizio di controllo dei corsi d’acqua della Regione». A quel punto, scrive Mariggiò, «con deliberazione numero 996 del 14 dicembre 2004, “Attivazione presidi idrogeologici e idraulici”, (la giunta, ndr) deliberava ancora di attivare i presidi idrogeologici e idraulici nelle 13 aree programma». È la seconda volta che avviene in due anni. E, con una terminologia che diventerà prassi, si stabilisce di «attuare un servizio stabile e strutturato in grado di assolvere» sia «alle esigenze connesse alla manutenzione e al controllo del territorio calabrese», sia alla «predisposizione di piani e di programmi finalizzati alla difesa del territorio». Tutto a posto? Non proprio, visto che in Calabria – sono sempre parole del commissario di Calabria Verde «non esistono ancora i presìdi idraulici e non esiste un servizio di piena». Significa che, nel corso di un evento eccezionale, non c’è nessuno che, per contratto, debba supervisionare e dare l’allarme.
E dire che nel 2004 era tutto codificato: «Ai presìdi – è sempre il dossier di Mariggiò – avrebbero (di nuovo il condizionale, ndr) fatto capo» il servizio di vigilanza e sorveglianza idraulica, il servizio di piena, di servizio di polizia idraulica e quello di manutenzione.

COMPETENZE SOVRAPPOSTE Si arriva al 2009. Una delibera di giunta regionale del 21 settembre attiva ancora una volta (indovinate) i “Presìdi idrogeologici e idraulici” «nelle 13 aree programma già individuate dall’articolo 2 della legge regionale numero 35 del 1996, con lo scopo di attuare il controllo, il monitoraggio e la manutenzione riguardante il rischio idrogeologico e idraulico». È di nuovo tutto programmato, se non fosse che l’atto non fa riferimento, «neanche in preambolo, a quanto disposto» da due leggi regionali del 2007, con le quali «ad Afor in liquidazione era stata attribuita “la funzione di migliorare l’azione del presidio idraulico-forestale”». Le competenze si sovrappongono e il percorso legislativo diventa sempre più tortuoso, mescolandosi alle procedure per il reclutamento dei sorveglianti idraulici (altro aspetto che il report di Mariggiò affronta in dettaglio). Tra i ghirigori legislativi si inserisce un’altra delibera di giunta regionale, quella del 14 settembre 2010. Che – indovinate – ha come oggetto “Attivazione dei presidi idrogeologici e idraulici” e propone modifiche e integrazioni agli atti approvati nel 2009. A distanza di anni dalla loro “invenzione”, i presìdi non esistono ancora. Con l’ultima norma, però, si stabilisce che l’attuazione ricadrà sulle spalle dell’Afor, la cui liquidazione va avanti dal 2007. Così, spiega Mariggiò, «le strutture regionali competenti si erano repentinamente spogliate di qualsiasi competenza operativa sui presìdi territoriali, mantenendo, attraverso l’Autorità di bacino, una semplice attività di coordinamento».

SOLO MONITORAGGIO È nel 2013 che si cerca di fare chiarezza su una materia che ormai è diventata troppo complicata persino per i tecnici chiamati a gestirla. In una nuova, ennesima delibera (“Disposizioni in materia di presìdi idraulici e idrogeologici sul territorio”), la giunta interviene sulla materia. E lo fa per stabilire che tutto ciò che è stato fatto fino a quel momento non è servito praticamente a nulla. Intanto perché la deliberazione del 2010 «non aveva “modificato le competenze in materia di Difesa del suolo attribuite alle Province, generando dubbi interpretativi circa le competenze in materia di presidio idraulico e idrogeologico». Poi, tra il 2009 e il 2010, «la giunta regionale aveva attivato per il tramite dell’Afor i soli uffici territoriali di presidio senza precisare compiti e funzioni». Ancora: «Il servizio di presidio attivato dalla Regione, per il tramite dell’Afor, anche in considerazione delle tipologie contrattuali stipulate, non aveva la natura di servizio di piena ma la sola funzione di monitoraggio del territorio in tempo differito, per poter acquisire informazioni utili alla programmazione di interventi di sistemazione idraulica». In sostanza l’Afor, sulla quale era ricaduto l’onere del controllo, poteva effettuare soltanto operazioni di monitoraggio. E questo non per sciatteria, ma secondo le leggi e le disposizioni diramate dalla Regione. Leggi e disposizioni che «avevano prodotto sovrapposizioni di competenze». Anni trascorsi inutilmente. Mentre la Calabria continuava a franare. Senza controllo. Per legge.

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