Mar. Ago 6th, 2024

Confiscato il tesoro dei fratelli Piromalli. Un milione di euro, fra case, contanti e polizze assicurative. Gli affari di Giuseppe, Francesco e Carmine – i primi due nati in Calabria il terzo a Roma – nella zona di San Giovanni e Appio Latino, all’Alberone. I fratelli Piromalli – nella primavera del 2021 – erano stati arrestati nell’ambito dell’ Operazione denominata “Alberone”, condotta dalla squadra mobile e coordinata dalla procura di Roma per aver costituito un’organizzazione, operante proprio nel quartiere San Giovanni – Alberone, dedita all’usura e all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria, con estorsioni nei confronti delle vittime contro le quali, in caso di mancati pagamenti, venivano organizzate vere e proprie spedizioni punitive. Come emerso dalle indagini i tre fratelli Piromalli – di 58, 56 e 47 anni – si sono evidenziati per i loro stretti contatti con diversi ambienti malavitosi, anche di matrice ‘ndranghetista, e sono stati già condannati con sentenze irrevocabili per attività criminali legate al traffico di stupefacenti e ad altri gravi reati. A novembre dello scorso anno, nel corso di un’importante operazione finalizzata a contrastare l’accumulazione illecita di patrimoni da parte di organizzazioni criminali, sono stati sequestrati ai 3 fratelli di origini calabresi, stanziatisi nella Capitale da lungo tempo, beni e contanti per un valore complessivo di circa 1 milione di euro. Quel sequestro si è oggi trasformato in confisca e la ricchezza accumulata è stata sottratta alla disponibilità, diretta o indiretta, dei proposti e messa a disposizione della collettività. Con la disposta misura di prevenzione patrimoniale sono stati confiscati i seguenti beni: 6 unità immobiliari, di cui 5 ubicate a Roma ed 1 a Siderno (provincia di Reggio Calabria); 99.770 euro in contanti; polizza assicurativa del valore di 80.000 euro; disponibilità finanziarie pari a 35.000 euro. Le indagini dell’operazione Alberone, sono scaturite da una denuncia raccolta nel novembre del 2018, che ha permesso di fare luce su di un gruppo di persone facente capo alla famiglia calabrese dei Piromalli impegnati – come spiegava la questura di Roma – nell’attività “finanziaria abusiva ed estorsiva servendosi di modalità tipiche delle organizzazioni criminali di stampo mafioso”. Infatti, nel corso delle attività emerse come i tre fratelli Piromalli e altri due complici di 55 e 51anni, fossero specializzati nel concedere in prestito somme di denaro a tassi illegali, ricorrendo anche alle estorsioni pur di rientrare in possesso degli interessi imposti. All’esito delle investigazioni tra la fine del 2018 e la conclusione del 2019 – fatte anche attraverso intercettazioni, analisi dei video e approfondimenti bancari – fu possibile ricostruire le “competenze di ciascun indagato”, secondo un preciso “progetto illecito consistente nella sistematica concessione di prestiti a interessi usurari” a persone in difficoltà economiche, con l’aggiunta di “eventuali maggiorazioni che venivano comminate in caso di ritardo nei pagamenti”, spiegavano gli investigatori.  Teatro delle indagini fu la zona dell’Alberone nel quartiere San Giovanni – dalla quale prese il nome dell’operazione – territorio in cui la famiglia Piromalli era riuscita a ingenerare negli abitanti un clima di “terrore” e uno stato di “soggezione nei loro confronti, humus necessario ad agevolare e far progredire tutte le loro attività illecite”, sottolineavano gli investigatori della squadra mobile. Dalle investigazioni emerse come il maggiore dei fratelli – Giuseppe – si recasse spesso in Calabria mantenendo lì, rapporti con membri di organizzazioni criminali anche di stampo mafioso, mentre come procacciatore di soggetti in precarie condizioni economiche e bisognosi di denaro, impartiva le indicazioni ai fratelli. In particolare uno  aveva il compito di recupero delle somme che non venivano restituite alle condizioni inizialmente dettate, mentre l’altro fratello era impegnato nella gestione e il reinvestimento delle somme ricavate dalle attività illecite. Il modus operandi prevedeva la concessione a svariate vittime, quasi tutte piccoli imprenditori della zona, di somme di denaro da restituire a interessi che oscillavano tra il 60% e il 240% su base annua; in occasione dei mancati pagamenti o dei ritardi – per i quali venivano prospettati dei “rimproveri” – il denaro veniva riscosso dopo minacce e violente estorsioni, in molte circostanze ricorrendo al contributo di uno dei compiti che veniva utilizzato dalla famiglia come “braccio armato” al loro servizio.  Con lo stesso decreto di confisca per l’attuale ed elevata pericolosità sociale di tutti e 3 i fratelli, è stata anche disposta l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per la durata di 2 anni. Le indagini patrimoniali, avviate nel 2021 dagli specialisti della divisione anticrimine, hanno abbracciato l’arco temporale di circa un trentennio ed hanno permesso di accertare, nei confronti dei 3 fratelli, un’assoluta sproporzione tra i beni, nella loro diretta o indiretta disponibilità, il tenore di vita condotto e i redditi dichiarati al fisco. Nella mattinata di oggi 14 dicembre sono quindi stati gli agenti della divisione anticrimine della questura di Roma, a eseguire il provvedimento di confisca di beni, emesso ai sensi del Codice Antimafia dal tribunale di Roma – sezione delle misure di prevenzione, su proposta del questore di Roma. Confiscati beni e contanti per un valore complessivo di circa 1 milione di euro.

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