Mer. Lug 17th, 2024

Ormai fuori dai “giochi”, stretto all’angolo, inviso a tutti i cittadini onesti e delegittimato formalmente per tabulas, all’ormai ex Commissario ad Acta della Sanità calabrese ed ex soggetto attuatore dell’Asp Reggio Calabria, Massimo Scura, non rimane che il livore e il maldestro tentativo di arrampicarsi sugli specchi. Dopo la “mazzata” pervenutagli dall’Ispettorato per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri giunta a seguito dell’ennesima denuncia posta in essere dalla UIL,lo stesso ing. accusa il colpo e tenta una puerile quanto incomprensibile difesa sciorinando, sui media, personalissime interpretazioni di leggi e regolamenti e, addirittura, addentrandosi nel campo del gossip “sindacale” propalando notizie di contrapposizioni fantasiose. Pressato dalle critiche  giornalistiche, sindacali, delle associazioni di settore  relative al certificato e manifesto fallimento fatto registrare su ogni fronte delle sue politiche di riequilibrio del disavanzo della sanità calabrese, debito non solo non sanato ma cresciuto sotto gli anni della sua gestione sino a raggiungere i 163 milioni di euro solo per il corrente anno, l’ex commissario prova a difendersi alla buona, ma ottenendo, se possibile effetti ancora peggiori. L’aspetto che più ha dell’assurdo è che Scura, in barba alle leggi nazionali e regionali, giungendo a schernire Prefettura, Magistratura e Commissione d’Accesso, continui tutt’oggi a difendere quella che è stata una vera e propria boutade amministrativa, un’amenità giuridica, una contraddizione in termini: “l’auto- incoronazione”. Infatti, Scura con  proprio decreto ha nominato se stesso soggetto attuatore dell’ASP di Reggio – storicamente tale iperbole era riuscita soltanto a Napoleone Bonaparte auto-proclamatosi imperatore dei francesi. L’ingegnere di Alfadena oggi sonoramente bocciato ed epurato continua dalle colonne dei giornali a difendere le sue azioni, definendole “ontologicamente” previste, se non fosse che le stesse sono state inequivocabilmente bollate quali condotte illegittime dal Tavolo interministeriale “Adduce”. Oramai solo a chi non vuole accettare la realtà, è ostico prendere atto che per legge gli incarichi di direttore amministrativo e sanitario sono legati alla sorte del direttore generale che li nomina fiduciariamente, quindi revocato Brancati sarebbe stato obbligo anche per Scura prendere atto che le due figure erano ufficialmente decadute ( simil stabunt simul cadent).  Ma non è andata proprio così. Il dottore Mesiti e la dottoressa Tripodi hanno continuato a ricoprire illegittimamente l’incarico, a sottoscrivere illegalmente migliaia di atti (danni erariali per milioni di euro), ed a percepire, indebitamente, i compensi connessi all’alto incarico.  Adesso la parola passa all’Ispettorato per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri che valuterà anche la legittimità di tutti gli atti emanati dalla Triade abusiva dell’Asp, compreso il provvedimento di assegnazione di un dipendente, vicesindaco di un comune sciolto per mafia. Vedremo, nel frattempo come si determinerà il neo Direttore del Dipartimento tutela della salute della Regione Calabria Antonio Belcastro, cui la severa reprimenda del Vice Prefetto Anna Maria Ambrosini, è  indirizzata (oltre che p.c. alla UIL) per le conseguenziali determinazioni – Non ci mancheranno, comunque, le lunghe ed assonnate distrazioni del suo predecessore Zito. Infine,  umanamente comprendiamo il nervosismo profuso a piene mani in “articulo mortis” dallo strapagato pensionato, ma è giunta l’ora che faccia ritorno al suo paesello natio, prendendo atto del disfacimento della sanità in Calabria, della demolizione di quella reggina, preoccupandosi non tanto di quanto avviene all’interno dei sindacati, ma piuttosto delle conseguenze penali, amministrative e contabili della sua scellerata gestione, il tutto ad un passo dallo scioglimento dell’ASP di R.C. per motivi di mafia.

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Il Segretario Territoriale  

   *Nicola Simone 

firma autografa sostituita da indicazione a mezzo stampa, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge 39/1993

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