Si tratta di un fucile calibro 12 rinvenuto nel Catanese. Il delitto avvenne il 9 agosto del 1991 a Villa San Giovanni. Il magistrato rappresentava l’accusa nel Maxiprocesso in Cassazione. Bombardieri: «Aggiunto un tassello importante alle indagini»
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È stata trovata nel Catanese, abilmente occultata in un fondo agricolo, l’arma con cui il 9 agosto del 1991 fu ucciso in località Piale di Villa San Giovanni, nel Reggino, il giudice della Corte di cassazione Antonino Scopelliti. Si tratta di un fucile calibro 12. Del ritrovamento dell’arma si è appreso stamattina a margine della cerimonia organizzata in occasione del 27esimo anniversario dell’assassinio del magistrato.
LA FIGLIA: «C’È UNA VERITÀ CHE ANCORA DEVE ESSERE RACCONTATA» «Sulla morte di mio padre c’è una verità che deve ancora essere raccontata tutta e fino in fondo. Ma noi abbiamo pazienza», ha detto Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato. «Non permetterò mai – ha aggiunto – che si dica che le istituzioni hanno fallito o che i magistrati non fanno il loro lavoro. Io ho fiducia, in questo Stato, in questa magistratura, in queste istituzioni, perché me lo ha insegnato mio padre che non ha mai smesso di crederci. Lui da magistrato sapeva perfettamente che cos’è un’indagine e quanto impegno ci vuole per arrivare ad una verità importante».
BOMBARDIERI: «AGGIUNTO UN TASSELLO IMPORTANTE»L’annuncio è stato dato dal procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. «Quella di oggi – ha detto Bombardieri – è una cerimonia importante, sono passati tanti anni da quando un servitore dello Stato, un collega impegnato seriamente nel suo lavoro, è stato assassinato barbaramente, ed è un giorno ancora più importante perché possiamo dire che nelle indagini che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sta portando avanti sempre in relazione a quel fatto atroce, abbiamo raggiunto e aggiunto un tassello importante alle indagini. A seguito di un’attività mirata – ha aggiunto il procuratore Bombardieri – riteniamo di aver rinvenuto e sequestrato l’arma con cui è stato assassinato il consigliere Scopelliti. Una serie di elementi ci inducono a ritenere che l’arma rinvenuta e sequestrata, peraltro nel territorio del Catanese, sia quella utilizzata per l’omicidio. È un’attività della Dda in relazione alla quale però al momento non aggiungiamo altro. Ci sembrava doveroso dirlo oggi, è un sequestro dei giorni scorsi, per rispetto alla memoria del collega e della sua famiglia». La scoperta del fucile che si ritiene essere stata l’arma con cui fu ucciso il giudice Scopelliti è frutto di un’attività ispettiva mirata condotta dalla Dda di Reggio Calabria, con il supporto investigativo della Squadra mobile reggina. Sono in corso adesso i necessari riscontri tecnici per consolidare il quadro investigativo. Bombardieri non ha fornito particolari sul ritrovamento dell’arma, sottolineando il “massimo riserbo” sul punto da parte della Dda di Reggio Calabria.
GRASSO: «MEMORIA ANCORA FORTE NELLA SUA CALABRIA» «Aveva il compito di rappresentare l’accusa nel Maxiprocesso ormai giunto in Cassazione. Antonino Scopelliti fu ucciso per fermare il processo e intimidire i magistrati che se ne sarebbero occupati. Mandanti ed esecutori non sono ancora stati individuati. Chi lo fece procurò un grande dolore alla famiglia, a noi colleghi, a tutta l’Italia ma non riuscì nel suo scopo perché, pochi mesi dopo quell’omicidio, la Cassazione emise le sentenze di condanna definitiva ai mafiosi. La memoria di Scopelliti è ancora forte nella sua Calabria: ogni giorno in moltissimi, a partire da sua figlia Rosanna, si impegnano per la legalità e la giustizia». Così Pietro Grasso su Facebook in occasione dell’anniversario dell’omicidio Scopelliti.
FICO: «HA LASCIATO GRANDE LEZIONE MORALE» «“Il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso”: in questa breve frase c’è tutta la grandezza della lezione morale che ci ha lasciato Antonino Scopelliti», afferma il presidente della Camera Roberto Fico. «Quei principi di libertà, onestà e coraggio che ispirarono
sempre il suo lavoro devono poter continuare a rappresentare, ancora oggi, i punti cardinali di un’azione di riscatto civile portata avanti da tutte le Istituzioni e le componenti della società, a cominciare dai più giovani. Un’azione di rinnovamento, culturale innanzitutto, contro ogni logica
mafiosa, che si costruisce giorno dopo giorno garantendo nel Paese condizioni di dignità sociale, di legalità e di trasparenza, sottraendo così alla criminalità organizzata importanti leve di potere», prosegue Fico che sottolinea: «Non possiamo ignorare, infatti, come siano proprio le situazioni di
degrado amministrativo, sociale, economico e civile a creare il terreno più fertile per la malavita. L’elevato numero di comuni sciolti per infiltrazione mafiosa negli ultimi anni, anche in Calabria – la regione di provenienza di Scopelliti – attesta una persistente fragilità del sistema di governo territoriale rispetto all’azione pervasiva della criminalità organizzata, a detrimento della democrazia». «La testimonianza di Scopelliti ci sia di esempio. Così come da giudice non ha mai desistito dal suo impegno, pur avendo chiara la complessità e la pericolosità della sua missione contro la criminalità organizzata, così anche noi, la politica e le Istituzioni innanzitutto, ma anche ciascun cittadino, non dobbiamo cedere alla rassegnazione ma impegnarci ogni giorno, con gesti quotidiani, a una rigenerazione della coscienza civile collettiva, per renderla incondizionatamente e convintamente immune da ogni logica e pratica mafiosa».
OLIVERIO: ”LA CALABRIA ATTENDE GIUSTIZIA’
A 27 anni dal suo brutale assassinio avvenuto il 9 agosto del 1991 si è svolta questa mattina a Piale di Villa San Giovanni, presso la stele e l’albero posti in sua memoria nel punto in cui fu ucciso, la commemorazione per la morte del giudice Antonino Scopelliti. A presenziare alla cerimonia, insieme a tantissime autorità politiche, civili e religiose e alla presidente della Fondazione Scopelliti, Rosanna Scopelliti, deputato e figlia del magistrato, anche il presidente della Giunta regionale Mario Oliverio a cui è toccato ricordare la figura del grande magistrato calabrese ucciso mentre in auto tornava dal mare nella casa paterna dov’era cresciuto, proprio nel momento in cui si accingeva a rappresentare la pubblica accusa nel maxiprocesso a Cosa nostra davanti alla Suprema corte.
Oliverio, che al momento del delitto era sindaco di San Giovanni in Fiore, ha ricostruito innanzitutto il clima in cui avvenne l’omicidio. “Mai in Calabria -ha detto- assassini avevano mirato contro magistrati impegnati nell’amministrazione della giustizia penale. Fu come una vertigine: fu chiaro fin dall’inizio che ci trovavamo di fronte aD un segnale devastante che annunciava un salto di qualità che la Calabria e i calabresi perbene avrebbero dolorosamente pagato”.
Il presidente della Regione ha poi collegato le uccisioni avvenute in rapida sequenza, in poco meno di un anno, tra il 9 agosto del ’91 e il 19 luglio del ’92, di Scopelliti, Falcone e Borsellino: “Uccidere due giudici siciliani e uno calabrese non ha significato solo colpire obiettivi simbolici. Nella strategia di Cosa nostra, quelle tre morti significavano eliminare i tre più pericolosi e determinati nemici di quel momento”
“Di scandaloso -ha poi aggiunto Oliverio- c’è che lo Stato, eliminati Falcone e Borsellino dopo Scopelliti, non è riuscito a ricostruire concretamente il quadro degli avvenimenti, forse proprio perché quei tre episodi sono stati valutati come vicende tra loro diverse. Oggi la Calabria chiede giustizia. Siamo interessati a far luce fino in fondo su quella drammatica pagina della Calabria, anche per capire meglio cos’è successo nell’ultimo trentennio. La nostra terra ha bisogno, per poter progredire, di normalità. Ho molto apprezzato, insieme a una parte grande dei calabresi, i segnali importanti di quanti non vogliono abbandonare soltanto alle ricostruzioni storiche gli avvenimenti di quegli anni lontani. Intanto, perché tutti i cittadini hanno diritto ad avere giustizia, condizione per risanare ferite così tragiche e profonde. Ma anche perché la conoscenza di tutto quel che è successo è la condizione per liberare la nostra terra da tutte le ipoteche abbiamo diritto, come calabresi, a conoscere cosa è avvenuto nel lontano agosto del ’91 ,ma di farlo diventare argomento di giustizia”. “In Calabria -ha proseguito Oliverio- ci sono calabresi mafiosi, ma ci sono anche giudici che hanno combattuto e combattono, a viso aperto e senso di giustizia, i mafiosi. Come in Sicilia. E’ quel che continua ad accadere ogni giorno. E’ per questo che noi consideriamo il giudice calabrese Antonio Scopelliti, figlio della Calabria, un eroe civile italiano che amava la sua terra. Siamo fieri di lui e, per lui, i suoi familiari e tutti quelli che gli hanno voluto bene, aspettiamo fiduciosi di avere giustizia. Lo Stato ce lo deve. Lo deve alla famiglia, alla Calabria e al Paese”.
“Prima di concludere questo mio breve intervento -ha affermato Oliverio- voglio ringraziare Rosanna Scopelliti che, con la Fondazione, ha inteso assumere nel nome e sull’esempio di suo padre, un impegno civile che continua per riscattare questa nostra terra. Ho apprezzato molto le sue riflessioni che sono quelle di una figlia che, nonostante quella odierna sia una giornata di ricordi dolorosi, invita tutti noi ad impegnarci e a rimanere in questa terra per aiutarla a riscattarsi”.
“Alla violenza della ‘ndrangheta- ha concluso il presidente della Giunta regionale- occorre opporre un impegno civile forte, soprattutto delle nuove generazioni, per contribuire a cancellare dalla faccia di questa regione una piovra che per troppo tempo ne ha ostacolato lo sviluppo e la crescita e continua a proiettarne all’esterno una immagine sfregiata e negativa. E’ lo stesso impegno che Rosanna sta portando avanti attraverso la Fondazione e che vedrà il nostro sostegno, come ho già avuto modo di assicurarle nei giorni scorsi durante un incontro nel corso del quale mi ha illustrato i programmi della stessa. La Regione c’è, sta dalla parte di Rosanna e della Fondazione perché, solo così, sta dalla parte dei calabresi onesti, che sono la maggioranza di questa regione, nel nome e nel ricordo di Antonino Scopelliti”.
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