Ecco Totò, Delfino per l’appunto. Sta uscendo dal seggio elettorale, nella Piazza della nostra Bovalino, il giorno delle Elezioni Regionali del 1990: pantaloni di lino celeste (dalla tonalità carta da zucchero), camicia bianca e maniche rivoltate, con sulla spalla -ben piegato- il golfino blu di cotone.
È alle prese con gli ultimi scampoli di indecisi, i quali gli chiedono, in un misto -non ‘talericiano’- di conferma e riconosciuto senso di fiducia verso di lui ,”Presidi, allura vai e votu s’amicu i Riggiu?”.
Totò, lesto, con il suo sorriso ammiccante e coinvolgente, non si fa pregare e di botto risponde: “…siiii, certu cummari. Votati puru ‘Tramonten’ ” (il quale altro non era se non Sebastiano Tramontana, altro grande galantuomo).
A dire il vero, di quel giorno, ricordo pure un altro aspetto -di già, da me, in parte raccontato in un’a diversa occasione- ovvero quanto accadde dopo, cioè nel mentre passeggiavamo (io ero con mio padre), assieme a Franco Ferrigno, autentico signore di una sempiterna Bovalino.
Totò, si gira verso papà e gli fa (muovendo il palmo della manio, a spigolo che fende l’aria giù e su,con le dite unite, eppur ben dritte): " O Pe…stai minandu! ‘Ndannu ma a finisciunu sti cotraschiuni di i poliziotti du u Naps fora da a casa tua, chi ‘mportunanu i fimmini giuvani, invece i jri supa, ‘nta a muntagna i trovanu i poveri sequestrati”!
Potenza espressiva, narrativa, comunicativa di un immenso Totò Delfino, che a sua volta non sopportava uno stato di guerra in tempo di pace, oppure una forma di assedio, da parte dello Stato in una porzione del medesimo Stato.
E non lo sopportava, proprio perché Totò era un ‘Uomo delle Istituzioni ‘, a sua volta figlio e fratello di altrettanti ‘Uomo i delle Istituzioni, come lui e al suolo pari.
Le ‘denunce’ pubbliche di Totò, le sue prese di posizione, i suoi scherni verbali contro gli sgherri e le sue lacrime -lacrime vere, lacrime di un dolore sentito, patito, giammai lenito- verso gli ultimi e i reietti, in cui scorgeva lo splendore di una Misericordia a cui lui stesso credeva e di rifaceva.
D’altronde, ancora oggi -ne sono testimone e custode!- persino il suo mitico Direttore de Il Tempo, cioè Gianni Letta -dal sottoscritto ammirato e al quale sono legato da sincero affetto!- continua a ricordarlo con stima e sconfinata, ancorché dolcissima o struggente, nostalgia.
Oppure le stesse parole di Vittorio Feltri, il quale gli diede il benvenuto allorquando fondoLibero, tributandogli l'onore del saluto in modo seguente e testuale: "Da quando Delfino scrive per noi, abbiamo aumentato i lettori. Questo significa che è non solo bravo, ma anche e soprattutto, credibile, anzi autorevole". Ecco, l'uomo era pure ciò, ordunque o meglio, principalmente ciò, con la connessa carica di straripante simpatia, tipica 'i nui...genti i Bovalinu' dove lo sfottò esilarante ma non greve, affettuoso e non maligno, sublime ma non sferzante, rende questo mio bellissimo paese, la capitale mondiale di suddetta arte ancestrale. Ne saprebbero (e lo testimonierebbero) in più di qualcosa, molti di ogniuno, come quando Totò si destava di notte, intorno alle 3 del mattino (poco importa se un po' prima o un po' dopo) e, a seguito del sorso di un caffè nella tazzina, afferrava la cornetta del telefono e componeva il numero di un suo amico (nonché collega di partito) per fargli -al netto di una voce camuffata, tipo quella di Fantozzi che chiama il suo Megadirettore, sperando di non essere riconosciuto- e quindi imbastirgli lo scherno, di cui la 'vittima' non ne ebbe mai a male. Anzi, proprio il destinatario dello scherzo, nel riconoscerlo -benche intontito dal sonno- gli replicava di getto immediato: “Totarello, Totarello ti canuscia cassi ttu! Va curcati"! Che dire? Superiorità manifesta di una democristianita conclamata!
Oggi, celebriamo quindici anni della sua dipartita, eppure Totò è sempre vivo, è sempre con noi, non ci ha lasciato. No, in fondo è…’ nella stanza affianco’.
Continua dopo la pubblicità...
Vincenzo Speziali
