Mer. Nov 20th, 2024

Sono oltre 5.000 i prodotti agroalimentari tradizionali censiti dal Ministero dell’Agricoltura e da Coldiretti. Un incredibile tesoro alimentare ma anche culturale che ogni anno milioni scoprono e apprezzano e che permette all’Italia di detenere l’invidiabile record mondiale per varietà e ampiezza del patrimonio agroalimentare.
Lo studio svolto dall’agenzia di comunicazione Klaus Davi & Co. realizzato su 1.820 turisti in occasione del lancio del documentario sul salone “Cibus” ha focalizzato i dieci prodotti più amati dai turisti stranieri venuti quest’anno nel Belpaese.
Al primo posto si piazzano a pari merito la ‘nduja e il pesto genovese (19%), due prodotti per i quali vanno pazzi soprattutto tedeschi, francesi e spagnoli, che non resistono ai gusti unici di queste specialità con cui si possono condire a piacimento diversi cibi, in particolare la pasta.
Seconda la piadina romagnola (16,5%), molto apprezzata dai tedeschi e dai russi, assidui frequentatori della riviera.
Terza la mozzarella di bufala (14%) per la quale vanno pazzi soprattutto americani e inglesi.
Quarto il tartufo bianco d’Alba (12,5%), preziosissimo e costosissimo ma tuttavia ricercatissimo per dare un gusto ineguagliabile a tutti i tipi di pietanze, scoperto ultimamente anche dai facoltosi cinesi.
Quinta piazza per la bistecca fiorentina (10%), specialità alla quale inglesi e nordeuropei non riescono proprio a rinunciare.
Sesto lo speck (8%), amato alla follia dai nostri vicini al di là del Brennero che accorrono nei negozietti altoatesini per affettarselo in patria.
Segue il gambero rosso di Mazara (7%), con sudamericani e olandesi in prima linea tra gli amanti di questo crostaceo davvero unico.
Ottave le lenticchie di Castelluccio (5%), che ispirano i tanti visitatori inglesi e tedeschi, presenti in massa anche per ammirare la splendida fioritura primaverile.
Nona la bottarga di muggine (3%), della quale sono grandi estimatori anche i russi, in concorrenza col loro caviale.
Chiude questa speciale top ten il pane di Altamura (2%), con gli scandinavi in pole position tra coloro che apprezzano tantissimo questo prodotto ideale per essere conservato a lungo e come alimento sano.

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Non si meraviglia di questo successo internazionale Alessandra Balocco, manager della storica azienda dolciaria di famiglia Balocco: «I nostri prodotti sono eccellenti ma vanno tutelati. A volte in Italia non c’è armonizzazione sulla tutela del Made in Italy, ancor meno a livello europeo».
Le fa eco Massimo Menna, AD del pastificio Garofalo, che commenta così lo status delle specialità italiane nel mondo: «Non è certamente una passeggiata, si arriva a questi grandi livelli d’eccellenza con tanto amore e tanta passione”.
Per Giancarlo Taglia, manager della rete d’imprese Il Buon Gusto Italiano «Il sistema paese deve unire le forze: dobbiamo far capire al mondo che non abbiamo niente da invidiare a Paesi come la Germania o la Francia».
Carolina Vergnano, che cura il commercio e le relazioni con l’estero di Caffè Vergnano non è da meno: «Bisogna sempre guardare al futuro; un prodotto deve essere l’unione di tradizione e innovazione”.
Sulla tutela del patrimonio agroalimentare italiano si esprime anche Anna Vietti, consigliere d’amministrazione di Acqua Lauretana: «Noi siamo sinonimo d’eccellenza, siamo sinonimo di qualità; l’Italianità paga sempre”.
Cesare Mazzetti, presidente di Qualivita e Acetum, aggiunge: «Io sto con il Made in Italy soprattutto perché è un prodotto, una produzione, un insieme di beni e d’immagine che promuovono il nostro Paese nel mondo”.
Visione ottimista per Fabrizio Fichera, direttore marketing del Consorzio Casalasco del Pomodoro: «Sono convinto che siamo solo all’inizio, il mercato è straordinariamente grande e i consumatori continuano ad apprezzare sempre di più il Made in Italy, quindi c’è tantissimo spazio per il futuro».
Giacomo Ponti, AD della Ponti spa, pone invece l’accento sul fenomeno dell’italian sounding: “È un fenomeno drammatico perché toglie quote di mercato alle aziende serie italiane, quindi è necessaria una maggior tutela”.
Giovanni Zaccanti, presidente di Parmacotto, ribadisce l’importanza dell’italianità: “Il Made in Italy per prima cosa è una garanzia, in secondo luogo è un’eccellenza e, terzo, c’è un cuore tutto italiano”.
Pier Paolo Rosetti, DG di Conserve Italia, mette in luce un aspetto fondamentale: “Tracciabilità e affidabilità: noi cerchiamo di mettere nei nostri prodotti un livello qualitativo molto elevato grazie ai controlli di processo e di qualità”.
Secondo Rossella Ferro, titolare del pastificio La Molisana: “Dobbiamo essere tutelati dalle istituzioni Italiane perché oggi i competitor non sono i miei colleghi pastai, bensì i pastai Turchi, Tunisini e Greci”.
Le fa eco Cosimo Rummo, presidente del pastificio Rummo: “Se abbiamo successo noi, ha successo tutto il mondo del lavoro e noi possiamo produrre ricchezza per una parte enorme del popolo Italiano”.
D’accordo Chiara Ercole, AD di F.lli Saclà: “L’Italianità è un valore per il consumatore, perché ovviamente il prodotto alimentare italiano è percepito come un prodotto sano, un prodotto fatto con ingredienti semplici e autentico”.
Prosegue Vincenzo Tundo, direttore marketing del gruppo San Benedetto: “Essere italiani, all’estero, è un valore molto importante perché è sinonimo di viver bene, avendo grande cura e attenzione verso il proprio benessere”.
Sulla stessa linea Giovanni Zucchi, vicepresidente dell’oleificio Zucchi: “Il nostro territorio, le nostre biodiversità e le nostre capacità di trasformare il prodotto sono uniche in tutto il mondo”.
Infine, un appello di Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti: “L’Europa deve fare un passo in avanti veloce anche sul fronte normativo comunitario, bisogna fare uno scatto d’orgoglio e dare ai cittadini europei quello che vogliono: l’informazione sull’origine del prodotto agricolo contenuto nel cibo nelle etichette”.

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