Si è tenuta nella serata di ieri una delle tradizioni più significative della città di Taurianova: il falò dell’invito, in dialetto “U ‘mbitu”, che segna l’inizio della novena e di tutte le manifestazioni in onore della Madonna della Montagna. La leggenda sull’accensione dei “luppinazzi” – steli secchi di piante di lupini – racconta che la Madonna per sfuggire ai soldati di Erode che cercavano di uccidere i figli maschi e quindi anche il Bambino Gesù che portava in braccio, si nascose in mezzo ad un campo di lupini secchi che al suo passaggio fecero tanto rumore da richiamare l’attenzione dei soldati. Maria per questo maledisse i lupini esclamando: “dovrete avere la mia amarezza”. Tra tradizione e leggenda vuole infatti che i lupini da allora sono amari e solo una lunga lavorazione riesce ad addolcirli. I taurianovesi, dunque, bruciano i lupini, per vendicare, per così dire, l’antico torto subito dalla Madonna. Questo rito antico ha saputo resistere nel tempo e rinnovarsi creando sempre brividi ed emozioni alla popolazione festante. Nei secoli ha assunto anche un connotato di festa contadina, un’ occasione per la quale gli agricoltori indossavano il loro abito più bello ed andavano ad assistere al falò dal quale, a seconda della direzione delle fiamme, se scoppiettava o meno, i nostri antenati traevano degli auspici per la festa ed anche per la loro vita. Una volta spento ognuno raccoglieva poi un po’ di cenere da portare a casa. Una reliquia sacra da spargere negli angoli delle abitazioni per tener via le calamità naturali, o ancora nei campi per renderli più fecondi. Questo rito antichissimo, che è rimasto inalterato nei secoli, continua a suscitare sempre un brivido di emozione e commozione. Un grande fuoco, proprio davanti la chiesa intitolata alla Madonna, la cui accensione è sempre spettata al primo cittadino insieme al parroco.
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