Ven. Nov 22nd, 2024

Applaudiamo all’inversione di tendenza che il Governo, soprattutto negli ultimi mesi, sta mostrando nei confronti del Meridione, anche grazie alla spinta della Comunità Europea che ha stabilito misure d’intervento e priorità per abbattere quel divario che pesa in maniera ormai determinante sullo sviluppo e la crescita dell’Italia intera.

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Ancora, però, siamo ben lontani dalla definizione di un quadro che stabilisca equità e perequazione in tutto il Paese, non siamo certo più di fronte a quei tentativi maldestri di continui proclami del tutto iniqui e sperequativi esercitati da una classe politica più attenta a soddisfare le richieste di una parte di popolo e di certi “leader”. Tuttavia, ora che l’allarme è stato lanciato, ciò impone un’assunzione di responsabilità, ai vari livelli istituzionali, ancora maggiore rispetto a quel 40%. I governi che si sono succeduti dal 2009 ad oggi hanno sottratto alla popolazione del sud 61 miliardi per ogni anno distorcendo, col meccanismo della spesa storica, il rapporto popolazione-spesa pubblica. In pratica, a fronte del 34,3% della popolazione meridionale, la spesa pubblica erogata è pari al 28,3% mentre a fronte del 65,7% della popolazione del centro-nord la spesa erogata, cioè le risorse ripartite, è del 71,7%. Sei punti di differenza che fanno 61 miliardi all’anno, a partire dal 2009, in attesa che venissero definiti i LEP ovvero quei livelli essenziali di prestazioni che devono essere uguali per tutti i cittadini da nord a sud, appunto perché ritenuti essenziali. Ecco perché non siamo per nulla soddisfatti di un semplicemente 6% in più, in quanto non determina i livelli essenziali delle prestazioni e di assistenza, così come resta indefinito il fondo perequativo per colmare le distanze tra i territori più ricchi e quelli più poveri. Tutto passa solo attraverso il riconoscimento del LEA e dei LEP! Pur apprezzando lo sforzo e le indicazioni che stanno muovendo le ultime azioni di governo, tutto ciò risulta essere un semplice contentino, sotto alcuni aspetti riduttivo alla luce di quello che in questi ultimi anni è emerso in maniera chiara e articolata ed è stato definito da più parti come “lo scippo” al Sud. Sino ad oggi sono stati sottratti, con dolo e inganno, risorse destinate agli asili nido dei bambini del Sud, agli anziani, al welfare in generale, ai trasporti e fermo restando che con 61 miliardi l’anno si poteva anche creare lavoro, investimenti, infrastrutture, benessere e sviluppo.

Il superamento e poi l’eliminazione della spesa storica passa attraverso l’attuazione dei fabbisogni standard, solo allora e in funzione di questo si erogheranno i soldi e non è un semplice gioco di alchimia fatta di percentuali.

Il divario si supera abbattendo differenze e distanze, diversità e disparità, mancanze e incompetenze. E per far ciò non è più necessario scomodare un certo meridionalismo di maniera o rivendicare pure azioni meridionaliste, basta guardare ed avere una visione e uno spirito unitario per definire e inquadrare quanto si è lasciato fare e quanto oggi va fatto per riconoscere, in termini di spesa pubblica, verità, giustizia e in un certo qual modo di risarcimento.

Ecco perché come Italia del Meridione non abbiamo che da continuare una battaglia iniziata già da tanti anni:

a) Superare il concetto della spesa storica, riferendosi alla capacità fiscale dei territori e togliendo risorse a chi ne ha di più e destinandole a chi ha di meno, attuando finalmente la parificazione dei diritti di cittadinanza sancita dalla Costituzione in materia di scuola, sanità, mobilità e infrastrutture.

b) Attuare la perequazione infrastrutturale, affinché gli investimenti pubblici infrastrutturali si facciano finalmente al Sud e le imprese delocalizzino qui impianti e ricerca.

c) Ricalcolare i fabbisogni standard di riferimento per una giusta ripartizione delle risorse.

Questi sono i fatti e da qui passano le azioni concrete atte a creare le condizioni di fondo affinché, il nostro, diventi un Paese migliore e più competitivo, attraverso una parificazione complessiva dei diritti, come già stabilito dai dettami costituzionali e una dimensione nazionale di mercato. Il resto, sono solo alchimie che servono a parlare alla pancia della gente, con buona pace dei populisti e dei sovranisti. Non bisogna guardare il dito, bensì la luna: il futuro del Paese passa dal riscatto del Sud.