Mer. Ago 7th, 2024

Epidermolisi bollosa giunzionale. I bambini che soffronono di questa malattia genetica vengono chiamati anche bambini farfalla, perché la loro pelle è fragile come le ali dell’insetto. A soffrirne, un siriano di nove anni al quale nel 2005 è stato effettuato un trapianto di pelle coltivata in laboratorio nel Centro di Medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, diretto da Michele De Luca, al quale si erano rivolti i pediatri tedeschi Tobias Rothoeft e Norbert Teig.

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Si è trattato, come scrive Il Corriere della Sera, del primo intervento salvavita di terapia genica con cellule staminali epidermiche geneticamente corrette. Intervento oggi descritto in uni studio pubblicato sulla rivista Nature.

Il piccolo aveva perso l’80% della pelle e i medici gli avevano indotto il coma farmacologico per rendere sopportabili i dolori dovuti alla perdita della cute e alle infezioni. 

“Oggi il bimbo sta bene – ha detto De Luca -. La sua pelle è stabile e ha già avuto più cicli di rinnovamento”. Le cellule erano state prelevate da un’area del corpo del bambino nella quale non c’erano le vesciche tipiche della malattia. Dopodiché, sono state modificate trasferendo al loro interno la forma non mutata del gene Lamb3, la cui alterazione scatena l’epidermolisi bollosa. Le cellule sono state allora coltivate in modo per ottenere lembi di pelle di dimensioni comprese fra 50 e 150 centimetri quadrati, poi trapiantati nel bambino.

“Questa pubblicazione su Nature è destinata a restare nella storia come faro da cui trarre ispirazione per il suo portato scientifico (la scoperta che la rigenerazione della pelle avviene grazie a un esiguo numero di staminali longeve e potenti), medico (nessuno al mondo era mai riuscito a generare un metro quadro di tessuto funzionale da poche staminali), terapeutico (un bambino destinato alla morte è stato ridato alla vita) e anche simbolico di un’Europa che accoglie e cura chi fugge da Paesi in guerra”, ha scritto in una nota la senatrice a vita Elena Cattaneo, direttrice del Centro di ricerca sulle cellule staminali dell’Università di Milano.

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