Mer. Nov 20th, 2024

La petizione popolare partita in questi giorni a Locri a difesa dell’Ospedale denominata “io non ci sto e firmo” è da considerarsi un’importantissima iniziativa da ascriversi a significativo esempio di cittadinanza attiva. Un plauso agli organizzatori che hanno dimostrato di saper cogliere che i tempi sono assolutamente maturi per formalizzare una composta, civile reazione popolare a quello che rappresenta lo sfascio e la deriva inarrestabile della sanità locridea e non solo. Le modalità estremamente spontanee attraverso le quali si è pensato di dare voce ai cittadini e la buona riuscita della petizione stessa, stanno a testimoniare che aver tenuto i riflettori accesi e l’attenzione alta sulla problematica di specie, ha sortito l’effetto di trovare pronti i cittadini ad esplicitare tutta la loro contrarietà dovuta al fatto che un diritto sancito dalla costituzione italiana è giornalmente negato  dalla insipienza ed incapacità gestionale di un management che ha fallito clamorosamente la propria mission. Tale ultima affermazione è suffragata documentalmente dall’attuale triade commissariale che con l’atto deliberativo n. 298 del 06.06.2019 con il quale chiedeva la formalizzazione del dissesto finanziario dell’ASP da parte delle istanze superiori, ha certificato che lo sfascio sanitario nella nostra provincia è una inequivocabile conseguenza di una vera e propria incapacità gestionale. Quindi, discende dalla imperizia di quanti nel tempo si sono succeduti nella direzione dell’Ente nella qualità di commissari e direttori generali. Pesantissima appare la situazione sia sotto il profilo economico che per la infiltrazione “ndranghetistica” che ne ha sancito lo scioglimento. Alla luce di queste considerazioni appare inaudito che non siano state ancora emerse le gravi conseguenze sul piano giudiziario visto che l’esposizione dell’ASP, a livello debitorio, ha superato il miliardo di euro e i reati di natura contabile e penale sono stati copiosamente consumati nel tempo.  La cosa strana e paradossale che di tutto questo nessuno sembra avere alcuna responsabilità, nessuno sia chiamato a pagare, a dare conto ed addirittura alcuni assurgono a veri paladini ed eroi della legalità, infatti, sembra che tutti abbiano amministrato bene e siano autorizzati a tesorizzare, a vario titolo, i periodi di scellerata governance che hanno posto in essere. Abbiamo commissari e direttori che oramai sono di casa in passerelle televisive,  oppure si scoprono scrittori di “best seller” dove la storia viene travisata puntualmente e disinvoltamente riscritta pro domo loro. Questo è, anche e soprattutto,  il caso dell’ineffabile ed immarcescibile ingegnere Scura il quale dopo aver imperversato per lunghi anni nella qualità di Commissario ad acta regionale, ed essere stato commissario dell’ASP di Reggio, è riuscito nell’epica impresa di triplicare il debito della sanità calabrese condannandola ad un eterno commissariamento. Nonostante le proprie nefaste

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performance, Scura troverà di buon gusto presentarsi venerdi a Locri, nelle vesti di fine scrittore e dicitore, trovando oculato e rispettoso discettare incoerentemente su: ”Calabria malata, sanità, l’altra ‘ndrangheta”. Si deve essere particolarmente cinici per avere il coraggio civile e morale di presentarsi a Locri e pensare di confrontarsi con una popolazione condannata a soffrire e morire di sanità, anche a causa delle responsabilità dell’ingegnere oramai plasticamente dimostrate. Sarebbe utile che il sindaco di Alfadena spiegasse, intrattenendo i cittadini sul fenomeno malavitoso, quali denunce abbia sporto alle autorità competenti sugli ‘ndranghetisti ed i massoni che hanno saccheggiato la sanità. Sicuramente ai cittadini della locride poteva essere evitata tale caduta di stile da parte di un personaggio che ama rappresentare soltanto il dramma: “oltre al danno la beffa”. Non si abusi della antica civiltà e senso di ospitalità del popolo locrese.         

 

Il Segretario Territoriale  

 * Nicola Simone 

*firma autografa sostituita da indicazione a mezzo stampa, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge 39/1993