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Grazie presidente per avermi concesso la possibilità di queste dichiarazioni spontanee. Cari colleghi consiglieri, cari amministratori della citta di Siderno, ho chiesto la parola per esprimere delle importanti considerazioni in merito alla politica cittadina e al mio ruolo all’interno di essa. Ebbene credo ci siano dei momenti in cui ognuno di noi sente il bisogno di staccare, di prendersi una pausa di riflessione, un attimo per analizzare quanto fatto e programmare il futuro. Io ho maturato che questo momento per me sia giunto. I tanti impegni sia familiari che professionali mi richiedono maggiore presenza e soprattutto maggiore serenità e tranquillità; proprio quella che mi manca. L’ impegno politico richiede razionalità e saggezza, virtù rare che senza la giusta tranquillità e pace interiore sono difficili da esprimere. Pertanto Ringrazio tutti i cittadini che attraverso il loro sostegno elettorale mi hanno dato la possibilità di essere eletto alla carica di consigliere comunale, ruolo che ho ricoperto con onore sempre con il massimo impegno e la massima dedizione. Un ringraziamento particolare a tutti gli amici, i sostenitori, e ai  simpatizzanti del Partito democratico che votando me, mi hanno riempito di orgoglio e di forza per dare un contributo fattivo allo sviluppo del nostro amato territorio. Un ringraziamento ai miei compagni di banco Salvatore Pellegrino, amico di sempre, Antonio Sgambelluri, comunista incallito, Carlo Fuda, persona trasparente e instancabile, Maria Teresa Fragomeni, la mia segretaria nonché capogruppo, ma soprattutto amica per cui ho molta stima i quali sono stati vicini a me nei momenti più difficili. Un ringraziamento infine a tutti gli altri consiglieri e amministratori con i quali ho sempre cercato di collaborare tra cui Vincenzo De leo, Antonio Sgambelluri, Pietro Sgarlato e Giuseppe Figliomeni.

Ribadisco che seguirò con assiduità i lavori del civico consesso e continuerò a fare la mia parte con passione sociale e fervore disinteressato con il solo scopo del benessere collettivo.

Sono convinto e sicuro che chi prenderà il mio posto starà sempre con un occhio rivolto alle fasce sociali più deboli ai quali va un mio particolare pensiero a partire dai disabili, dagli anziani, dai disoccupati e tutti quelli che vivono o sopravvivono con grandi difficoltà. Io credo che una società “civile” abbia il preciso dovere di aiutare chi soffre e chi si trova in difficoltà e la politica debba occuparsi altruisticamente dei problemi di tutti senza affarismi o interessi di bottega. Se saprete fare questo sono convinto che anche gli scettici e tutti coloro che non credono più in niente poiché scoraggiati da una classe politica che troppo spesso ha dimenticato la propria “mission” si riavvicineranno alla vita sociale attiva e inizieranno ad avere un’idea diversa e positiva della politica.

Prima di chiudere la mia esperienza voglio ricordare un grande autore del novecento: Corrado Alvaro e la sua più grande opera: Gente in Aspromonte. L’inizio della vicenda è un’evocazione della vita in Aspromonte, che diviene un tutt’uno con il paesaggio severo, aspro e solenne, con le precarie capanne abitate dai pastori nella stagione invernale, con i pellegrinaggi al Santuario della Madonna di Polsi e le manifestazioni popolari, con i canti accompagnati dal suono della zampogna. Protagonista di Gente in Aspromonte è la famiglia del pastore Argirò, che sogna la possibilità di riscattarsi dalla propria miseria, dalla subordinazione ai padroni delle terre e delle mandrie,  e di portare almeno uno dei figli al compimento degli studi. Argirò sottopone sé stesso alle fatiche più aspre, ma una serie di avvenimenti, dalla perdita dei buoi che aveva avuto in custodia dal padrone Mezzatesta, che cadono in un burrone, all’incendio doloso della sua stalla, gli impediscono di raggiungere i suoi obiettivi. A questo punto, il figlio Antonello, matura dentro di sé la coscienza della posizione di sottomissione della sua famiglia e della classe sociale a cui appartiene, e si ribella ma senza mai ottenere nulla se non altre sventure. Il mondo pastorale viene presentato da Alvaro attraverso la poetica trasfigurazione del ricordo di chi vive altrove, ma è nato in quella terra aspra. La rievocazione del mondo calabrese è una denuncia  delle ingiustizie sociali e di una certa mentalità superstiziosa e chiusa di quella gente. Ebbene sono passati quasi 100 anni ma forse poco è cambiato.

 

 

 

Giorgio ruso

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