“Antonino Imerti, nel 1989, subito dopo l’assassinio del signor Ligato, andò a trovare il giudice Scopelliti comunicandogli che se per quell’omicidio fosse stato inquisito il cognato Domenico Condello, detto ‘u pacciu’, avrebbe ucciso tutti i giudici dell’indagine”. Lo ha detto il pentito di ‘ndrangheta Umberto Di Giovine testimoniando oggi in videoconferenza a Reggio Calabria, in Tribunale, nel processo a carico dell’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, imputato di procurata inosservanza della pena nei confronti dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, in atto latitante a Dubai perché condannato definitivamente a tre anni e mezzo di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Di Giovine é considerato l’ “armiere” della cosca Serraino, boss nella zona di Piazza Prealpi a Milano per conto della ‘ndrangheta e fornitore per i gruppi contrari alla cosca De Stefano di numerosi kalashnikov e di alcuni bazooka con cui furono effettuati numerosi attentati ad opera del cartello “Condello-Serraino-Imerti-Rosmini” contro esponenti e gregari della galassia destefaniana. Le indagini sull’omicidio di Lodovico Ligato, ex parlamentare ed ex presidente delle Ferrovie dello Stato, esclusero, comunque, un coinvolgimento diretto dei cognati del boss Antonino Imerti, poiché come esecutori dell’assassinio furono individuati ed accusati Antonio Rosmini e Giuseppe Lombardo, detto “‘u cavallina”, oggi collaboratore di giustizia. Il processo a carico di Scajola riprenderà il 23 gennaio.
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