Ven. Nov 22nd, 2024

Che i bisogni della Calabria siano quelli di mettere a sistema il mercato del lavoro, di ottimizzare il settore turistico, di rilanciare le potenzialità di crescita e sviluppo, di riorganizzare il panorama infrastrutturale e di efficientare i meccanismi di protezione sociale, ormai è un dato consolidato che queste siano le esigenze prioritarie di cui questa regione ha bisogno per ripartire, frenare l’emigrazione giovanile e ridare una speranza ai suoi cittadini. 

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Non a caso queste che sono ormai diventate, da molti anni, le parole d’ordine che la politica usa all’interno di ogni campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale. Adesso è necessario che queste priorità non diventino un’arma di distrazione di massa che allontana l’attenzione dei calabresi da quelle che sono le fondamenta sulle quali ogni azione politica di valenza locale deve poggiarsi, per potere raggiungere gli obiettivi di crescita del lavoro, dello sviluppo, del turismo, dei servizi sociali e delle infrastrutture.

Ormai da diversi anni, il giudizio di parifica della sezione regionale della Corte dei conti sul bilancio regionale evidenzia delle gravi criticità che dovrebbero divenire oggetto di discussione seria da parte di una politica che è in procinto di rinnovare alla sua classe dirigente regionale. Il dato emerso, con l’elevato peso dei contenziosi e delle spese legali che è stato messo in evidenza, rende plasticamente l’idea della disastrosa confusione esistente nella gestione delle economie regionali. 

Frutto, in gran parte, di una sanità colabrodo e ai minimi nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza e di un mancato governo da parte dell’apparato burocratico regionale, che si è dimostrato incapace di riorganizzare il mondo della partecipazione pubblica e di recuperare dai Comuni il quanto dovuto per l’erogazione dei servizi essenziali ai cittadini. 

Tutte risorse regionali disperse in efficienze, sprechi e malaffare che, in una Regione che necessita di risorse proprie, invece potrebbero essere investite nel sociale, nel diritto allo studio, nel supporto alle non autosufficienze, all’assistenza dell’infanzia e della terza età, e alla mobilità.

E’ arrivato il momento che la politica calabrese butti giù la maschera. Per governare il territorio serve innanzitutto il governo delle risorse regionali che derivano dalle tasse che pagano i cittadini, le lavoratrici, i lavoratori, le pensionate, i pensionati e le imprese del territorio.

Dunque, la politica calabrese in prospettiva del voto del 26 di gennaio deve avere il coraggio di presentare alla Calabria programmi coraggiosi che vadano oltre le parole d’ordine della crescita, dello sviluppo, del lavoro e della riduzione delle diseguaglianze che, è innegabile, sono temi importanti ma ormai scontati. 

Accanto a crescita, lavoro, sviluppo i calabresi hanno diritto di sapere come la politica che si candida al governo della Regione intende restituire  all’efficienza organizzativa e contabile e all’utilità dei calabresi società come: Sorical, Fincalabra, Calabria Verde, Corap che, oltre a garantire una fetta importante del lavoro pubblico all’interno di questa regione, sovrintendono a temi di notevole sensibilità civica quali: acqua pubblica, manutenzione del territorio contro il dissesto idrogeologico e sostegno alle imprese.

La politica ha il dovere di dire alla Calabria come intende riorganizzare, in termini di sostenibilità amministrativa ed economica, i comuni che già svolgono e lo svolgeranno ancora di più nei prossimi anni una funzione di contatto con il territorio importante nell’ottica di dare risposte concrete ai cittadini.

La politica ha l’obbligo di investire sul talento giovanile per rinvigorire la macchina pubblica regionale e degli enti locali. Per fare questo deve essere avviata una stagione di concorsi pubblici, sia per recuperare le inefficienze amministrative, sia per offrire ai giovani calabresi meritevoli un’opportunità occupazionale. Un’occasione vera e non, invece, veicolata all’interno di politiche attive del lavoro che in questi anni hanno creato un’arma ad uso della cattiva politica più che dare una vera opportunità occupazionale. 

Così come la Calabria ha il dovere e l’obbligo di riappropriarsi di un ruolo costruttivo e propositivo nel riordino del sistema sanitario regionale che va liberato dalle connivenze fra cattiva politica e ‘ndrangheta, per essere consegnato alla sua funzione di servizio universale e pubblico per i calabresi.

Infine, senza falsa retorica, vorremmo poter leggere nei programmi dei candidati alla presidenza della giunta regionale calabrese il riconoscimento del fatto che è arrivato il momento per la Calabria e la sua classe politica, nel mentre rivendica dal Governo nazionale un Piano straordinario per il Sud e politiche a sostegno del territorio, di fare i compiti a casa per evitare che questa regione si allontani sempre di più dal resto del Mezzogiorno, dal resto dell’Italia. 

Se non si ha questo coraggio, il rischio è che cambiati i musicanti la musica resti la solita degli ultimi trenta anni. Per evitare questo pericolo ribadiamo, sin da subito, la nostra piena disponibilità al confronto costruttivo con chi ne abbia la volontà.

Santo Biondo

Segretario generale

Uil Calabria