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Sabina Jonela, 39 anni, vive a Taurianova da quasi vent’anni. Originaria dell’est Europa, si è trasferita in Italia per costruire una nuova vita, ma da quattro anni è costretta a combattere contro un nemico silenzioso e spietato: la SLA. Questa malattia degenerativa, che lentamente blocca i muscoli fino a rendere impossibili anche i gesti più semplici, ha immobilizzato Sabina nel corpo, ma non nella mente, che rimane lucida e forte, né nell’animo, ancora capace di sognare e sperare.
Sabina vive con il marito Sergio, infermiere all’ospedale di Polistena, e grazie alla sua dedizione e a quella delle operatrici che la assistono quotidianamente, riesce a mantenere una certa serenità. La sua casa, moderna e curata, è diventata un rifugio sicuro dove ogni giorno riceve amore e attenzioni. È qui che Sabina trova conforto tra colori, profumi e oggetti che le ricordano i momenti felici trascorsi prima della malattia, e sente ancora il calore di una vita che le appartiene, pur nella sofferenza.
Il suo è un universo piccolo, fatto di piccoli sogni: quello di vedere il figlio laurearsi, di continuare a contribuire ai suoi studi, e di svegliarsi ogni giorno circondata dall’affetto della sua famiglia. Tuttavia, anche nella serenità domestica, Sabina vive una difficoltà logistica non da poco. Il suo appartamento si trova infatti al terzo piano, e uscire per lei è diventato quasi impossibile. L’unica eccezione è rappresentata dai rari viaggi verso l’istituto Maugeri di Mistretta, dove viene seguita dallo specialista che le ha dato speranza, il Dott. Volante.
Per superare questo ostacolo, il marito Sergio ha acquistato, con i risparmi destinati al figlio, un piccolo appartamento al primo piano, un sacrificio per garantire a Sabina un accesso più semplice alla vita esterna. Ma, nonostante tutto questo impegno personale, Sabina si sente spesso lasciata sola dalle istituzioni. Le sue lettere e le sue richieste inviate alla Regione Calabria e alla Prefettura sono rimaste senza risposta, e anche le associazioni che spesso supportano i malati e le loro famiglie non le hanno offerto il sostegno necessario.
Nella sua lettera aperta al Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, Sabina lancia un appello pieno di dignità e di sofferenza, chiedendo che le vengano garantiti il diritto all’assistenza domiciliare e i contributi necessari per continuare a vivere a casa. Non desidera altro che restare nel suo ambiente, tra le persone che ama, senza essere costretta a trasferirsi in una struttura per malati di SLA, un’ipotesi che le crea paura per il distacco emotivo e psicologico che rappresenterebbe.
“La malattia ha bloccato il mio corpo – scrive Sabina – ma non il mio desiderio di vivere. Chiedo solo di poter rimanere nella mia casa, circondata dai miei affetti, di poter continuare a vivere serenamente con dignità. Se questo non è possibile, allora lasciatemi morire serenamente.” Un grido accorato che sottolinea le difficoltà quotidiane delle persone affette da SLA e l’esigenza di una risposta istituzionale concreta per garantire a loro e alle loro famiglie un sostegno adeguato.
Concludendo, Sabina ricorda che la sua lettera sarà condivisa con i principali organi di stampa, nella speranza che la sua voce non resti inascoltata e che le istituzioni, toccate dal suo appello, possano finalmente rispondere, riconoscendo il diritto di ogni persona a vivere con dignità anche nelle situazioni più difficili.