Dom. Set 1st, 2024

Si tratta di Domenico Gustalegname figlio di un altro collaboratore di giustizia originario di Vibo Marina che ha già deposto in udienza

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Sono quattro i verbali di interrogatorio del neo pentito Domenico Guastalegname, 29 anni, di Vibo, depositati dalla Dda di Catanzaro nel processo Rinascita Scott, dichiarazioni rese ai sostituti procuratori della distrettuale Antonio De Bernardo e Andrea Buzzelli in cui parla dello strapotere del boss Luigi Mancuso, della omonima cosca di Limbadi, dei suoi fedelissimi, dell’avvocato Giancarlo Pittelli, oltre che della droga spacciata nello stadio della Juve, del narcotraffico nella piazza di Asti, dell’omicidio di Manuel Bacco, il tabaccaio, freddato a colpi di pistola mentre difendeva la moglie da una tentata rapina, fatto di sangue rispetto al quale il neo pentito ha incassato in via definitiva una condanna a 30 anni insieme al padre Antonio, anche lui collaboratore di giustizia . Interrogatori resi da settembre a dicembre 2022, in cui il pentito dichiara di conoscere da sempre il clan Mancuso, “la famiglia che comanda su tutto a Vibo Valentia”, di Antonio Giuseppe Piccolo in grado di sapere e riportare le volontà di zio Luigi per via del suo rapporto strettissimo con lui e con tutta la famiglia. Informazione questa, riferita sia da Nino Purita, da Nazareno Colace, ma anche indirettamente da suo padre, che gli dicevano anche che tipo fosse Piccolo: un malandrino che commetteva crimini per conto della famiglia Mancuso e di Colace.  E in particolare quest’ultimo gli disse espressamente che era un ‘cavallo pazzo’ e che in una occasione aveva affrontato da solo cinque persone con le quali aveva avuto una discussione sparando a tutti quanti. “Del resto per come mi è stato detto sia da mio padre che dallo stesso Nazzareno Colace, la decisione di mandare Piccolo su Asti da noi era stata presa da Colace unitamente a Luigi Mancuso, che voleva allontanarlo dalla Calabria”. E ricorda anche una occasione in cui suo padre e Nazzareno Colace, su mandato di zio Luigi, si recarono da Antonio Prenesti, alias Yo Yò, per discutere con questi di una gara d’appalto vinta da una società del Nord Italia per un lavoro da svolgere in Calabria, nel quale i Mancuso dovevano entrare tramite Colace. “Ascoltai direttamente mio padre che discuteva con Colace in casa nostra di questo incarico ricevuto dai Mancuso, per conto dei quali è capitato più volte che si recasse Totò Prenesti, esponente della famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso. Dico questo per averlo saputo tra i tanti, oltre che da mio padre e da Colace, anche da Federico Surace, il quale mi disse che era una ‘testa squagliata’, intendendo dire che era un personaggio di spessore nell’ambito della criminalità organizzata”. Guastalegname chiarisce che lo stesso Surace era un appartenente ai Mancuso e che fu lui in persona a riferirglielo in più occasioni, in una delle quali gli propose di entrare in affari con la cocaina, previa approvazione dello zio Luigi. Per far capire in che modo la figura di Luigi Mancuso fosse dietro ogni affare illecito di cui si è occupata la sua famiglia o di cui era comunque a conoscenza tramite i fedelissimi del boss, riferisce che Piccolo doveva essere scagionato dall’omicidio del tabaccaio. “Lui stesso, dopo la sentenza di primo grado, ricordo perfettamente che mi disse di non preoccuparmi, in quanto in appello avrebbero sistemato tutto il processo con l’avvocato Pittelli. Per quanto a mia conoscenza doveva essere sistemato tutto, ma poi le cose si complicarono per via del processo Rinascita Scott e per questo motivo poi mio padre decide di collaborare mettendosi in contatto con la procura di Asti da cui tuttavia inizialmente non ricevette alcuna risposta”. Il nominativo dell’avvocato Pittelli, ammette il collaboratore di averlo appreso nel corso di una discussione tra il padre e Antonio Piccolo, dialogo avvenuto sempre all’interno delle celle del Tribunale di Asti, nel corso del processo per l’omicidio Bacco, durante il quale, i due, facevano nuovamente riferimento a zio Luigi e al fatto che tramite questo avvocato avrebbero potuto sistemare tutto il processo. Riferisce ai pm che Piccolo stava rinfacciando al padre le dichiarazioni che lui avevo reso nel processo e “mio padre gli rispondeva che l’infamità, piuttosto, stava nel fatto che uno come lui del suo spessore criminale, faceva fare la galera a gente che non c’entrava nulla. Lui gli rispose di non preoccuparsi, che ora le cose si sarebbero sistemate”. Effettivamente poi Piccolo si determinò a rendere dichiarazioni spontanee in cui ammise parzialmente i fatti, seppure dichiarando solamente di aver fatto da palo nella tentata rapina che portò all’omicidio del tabaccaio, “quando invece era stato l’esecutore materiale della rapina e del successivo omicidio. Fu in questa occasione che i due discussero del fatto che lo zio Luigi avrebbe messo a Piccolo questo avvocato Pittelli, che avrebbe sistemato il processo. Solo successivamente, alla luce della condanna in primo grado, mio padre mentre si trovava al carcere di Vercelli, rendendosi conto del fatto che ormai era chiaro che nessuno avrebbe potuto risolvere diversamente la situazione, decise che era arrivato il momento di sistemare direttamente lui le cose, raccontando tutta la verità alla autorità giudiziaria”. Nell’ultimo verbale datato 23 dicembre 2022, Guastalegname precisa alcune dichiarazioni già rese, riferendo dell’interesse di Luigi Mancuso e Nazareno Colace per l’appalto relativo allo smantellamento del cementificio di Vibo che avrebbero gestito tramite un prestanome, sull’amicizia stretta con  Ivan Colace e Federico Surace, dai quali riceveva notizie su Antonio Prenesti, descritto come una persona di spessore nella criminalità organizzata, interno alla famiglia Mancuso e molto pericoloso. Parla delle confidenze ricevute dai due sulla figura di Luigi Mancuso, sui rapporti tra questo e Luni, alias Scarpuni e sul fatto che zio Luigi fosse a tal punto potente che “aveva cacciato i corleonesi dalla Calabria”. Racconta dei dissapori venutisi a creare tra questi e Purita, soprannominato “il cane e il porco”.

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