Mer. Ago 14th, 2024

Per ventotto testi il procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri ha chiesto la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza al termine delle richieste di pena formulate nei confronti di oltre 300 imputati nel maxi processo “Rinascita Scott” che si sta celebrando con rito ordinario nell’aula bunker di Lamezia Terme. Tra questi, un teste eccellenti l’ex presidente della Corte di appello di Catanzaro Marco Petrini, ma nell’elenco compaiono i nomi di Maria Rosa Crudo, di Zungri, Concetto Porcelli, di Vibo Valentia, Tommasina Porcellidi Tropea, Umberto Porcelli, di Tropea, Gaetano Albanese, di Polistena, Francesca Mazzocca, di Tropea, Roberto Mazzocca, di Catanzaro, Domenica Florio, di Tropea, Gaetano Mangialavori, di Vibo, Antonio Masdea, di Lamezia Terme, Rocco Caniglia, di Palagonia (Ct), Linda Carbone, di Messina, Antonio Del Giudice, di Vibo, Antonietta Staglianò, Australia,  Domenico Paglianiti, di San Calogero, Domenico Ceravolo, di Torino, Fortunato La Gamba, di Vibo, Antonio Del Prete, di Isernia, Debora Giurgola, di Vibo, Giuseppe Squillace, di Reggio Calabria, Antonio Iellamo, di Vibo, Domenico Antonio Corigliano, di Vibo,  Antonino Miceli, di Palermo, Maria Francesca Daffinà, di Roma, Valerio Ingenuo, di Pizzo, Francesco Pietropaolo, di Limbadi, e Paolo Mercurio, di Marcellinara.  La deposizione di Marco Petrini avvenuta l’8 novembre dell’anno scorso non ha convinto il pm antimafia Antonio De Bernardo. Quel giorno l’ex giudice ha ripercorso la sua vicenda giudiziaria, che lo vede coinvolto in due filoni dell’inchiesta della Procura antimafia di Salerno, nome in codice Genesi, su un presunto sistema corruttivo tra toghe sporche, legali e professionisti. Convocato dalla Dda di Catanzaro come testimone nell’ambito del processo Rinascita Scott,  ha parlato del suo arresto avvenuto il 20 gennaio 2020 per corruzione in atti giudiziari, poi del secondo, del suo passaggio ai domiciliari, fino ad arrivare alla revoca della misura cautelare, alla sua condanna in primo grado a Salerno a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Ma quando poi si è entrati nel vivo delle domande poste dal pm della distrettuale Antonio De Bernardo, le risposte di Petrini sono state laconiche, intervallate da molti non “ricordo”  e da silenzi “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. L’ex presidente della Corte di appello del capoluogo di regione ha dichiarato di non aver mai preso parte a logge massoniche coperte, di averne solo sentito parlare fin dal ’92, ma di non aver partecipato ad alcuna riunione. E nonostante il magistrato lo abbia incalzato leggendo verbali riassuntivi di interrogatorio in cui inizialmente l’ex giudice aveva dichiarato di aver preso parte ad una riunione massonica nello studio di Pittelli insieme ad altri magistrati e avvocati, Petrini ha riferito che si tratta di dichiarazioni da lui stesso smentite in un momento successivo ai pm di Salerno. “Mi trovavo in uno stato di prostrazione psicologica, non mi riconoscevo e non mi riconosco in quelle dichiarazioni e non ricordo proprio di averle rese”. Per il pm c’è una bella differenza tra il non riconoscersi in una dichiarazione e il non ricordarsi di aver affermato alcune circostanze e chiede al teste un approfondimento sul punto. “Tutta questa storia della massoneria ho cercato di rimuoverla, sono stato e sono sottoposto a trattamento psichiatrico. Ho subito un trauma in seguito al mio arresto, ecco perché non ricordo. Ho avuto paura”, risponde Petrini. “La paura dell’ignoto Un’espressione quest’ultima che non è passata inosservata alla Dda: “Di che cosa ha avuto paura?”. Ma la risposta non ha fornito nuovi elementi di approfondimento, non ha parlato di possibili ritorsioni per aver messo nel calderone della massoneria coperta nomi e cognomi di colleghi per poi ritrattare tutto, no perché Petrini ha spiegato il movente: “Ho avuto paura dell’ignoto”. Ha riferito di non conoscere gli obblighi derivanti da una loggia massonica coperta, del dovere di fratellanza  e di non aver letto mai la formula di giuramento ad una loggia massonica. Il pm riprende altri verbali riassuntivi in cui Petrini ha reso dichiarazioni, smentite da lui stesso in un secondo momento in cui ha dichiarato che in quella riunione con Pittelli e altri magistrati e avvocati venne letta la formula di giuramento relativa alla confraternita di tipo massonico, dichiarandosi un fratello. Ma di queste propalazioni, Petrini non ricorda nulla, non ha memoria di aver detto di essere a conoscenza dell’appartenenza di diversi colleghi alla massoneria catanzarese, negando di aver mai saputo di relazioni particolari di giudici con avvocati per aggiustare processi. E sui rapporti con l’avvocato Pittelli ha riferito, che si è trattato di un rapporto professionale tra giudice e avvocato. Il pm ha ribattuto chiedendogli dell’avviso di conclusione delle indagini della Procura di Salerno che lo vede sotto inchiesta con il noto professionista catanzarese per corruzione in atti giudiziari, ma Petrini si è avvalso, come prevede la legge, della facoltà di non rispondere.E sulle conversazioni avute con la moglie il 22 febbraio 2020 in cui lei sosteneva la pericolosità di un ritorno di Petrini a Lamezia, “poiché tutti desideravano ucciderlo a causa di quello che aveva combinato”, invitando il marito ad ascoltarla, per non continuare a sbagliare, Petrini non ne ha memoria, ricorda solo di aver detto: “cambierò indirizzo, capito Stefà…”.

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