Mer. Lug 17th, 2024

«Chi vuole sconfiggere la nostra idea di Riace umana e solidale deve farlo democraticamente, non attraverso la magistratura. Questo è un processo politico». Sembra quasi più rassegnato che arrabbiato, Mimmo Lucano.
Ospite a Siracusa di padre Carlo D’Antoni, parroco impegnato nell’accoglienza migranti, il sindaco sospeso di Riace è stato raggiunto dalla notizia dell’avviso di conclusione indagini recapitato alla sua capolista e aspirante sindaco, Maria Spanò, e alla candidata consigliera Annamaria Maiolo.
L’accusa? Per Spanò, falso in atto pubblico per aver firmato la carta d’identità di due stranieri, a detta
della procura di Locri privi dei requisiti perché non residenti a Riace e senza permesso di soggiorno.
Contro Maiolo invece, i magistrati formulano accuse più gravi. Sono convinti che il modello Riace nasconda un “sistema criminale” basato su un’associazione a delinquere e secondo loro, Maiolo ne fa parte. «Ma non c’è niente di nuovo. È tutto nell’inchiesta che il gip per primo ha demolito» chiarisce Lucano. «E non è neanche una novità che per Maria e le altre siano state chiuse le indagini» aggiunge. La posizione di Spanò e Maiolo, insieme a quella di un’altra indagata, Valentina Micelotta, era stata stralciata dal filone principale dell’inchiesta per una serie di disguidi tecnici, dunque per loro l’avviso di conclusione indagini è arrivato dopo, circa dieci giorni fa. «Ma la notizia si è diffusa a sette giorni dalle elezioni — fa notare Lucano — e a cinque dalla chiusura della campagna elettorale». Quella che lui non può fare perché ancora in esilio per ordine dei giudici. Ignorando le indicazioni della Cassazione, il Tribunale del Riesame gli ha confermato il divieto di dimora perché da «sindaco o comunque componente a qualsiasi titolo del civico consesso» Lucano potrebbe «ripetere reati della stessa specie di quelli già compiuti».
Per questo, sulla possibilità di tornare a Riace per la campagna elettorale, lui si mostra assai scettico. Forse, anticipa, chiederà un permesso per il comizio finale. Ci aveva già provato l’11 maggio scorso, per il
battesimo della fondazione “È stato il vento” che punta a far ripartire l’accoglienza senza fondi pubblici,
ma i giudici hanno detto di no.
Il “lavoro” di raccolta voti è finito tutto sulle spalle dei candidati della sua lista e dell’aspirante sindaco
Maria Spanò. Sull’inchiesta che ha travolto il “modello Riace”, lei preferisce non scendere nei dettagli.
«Ci sono aspetti molto curiosi in questa vicenda giudiziaria che preferisco non commentare» si limita
a dire. Non ha tempo, né voglia di polemiche — fa intendere — c’è lavoro da fare. Il destino di Riace, forse per la prima volta tanto divisa fra tre aspiranti sindaco, si gioca su un pugno di voti e lei è impegnata negli ultimi giorni di campagna elettorale. Ma rivendica la correttezza del suo operato da assessore. «La firma sulla carta d’identità è solo un passaggio formale. Non sono certo il sindaco, il vice o l’assessore autorizzato al rilascio, a svolgere l’istruttoria e fare i controlli necessari per il rilascio dei documenti» afferma. «E questo — ci tiene ad aggiungere — non succede solo a Riace. È così in tutti i Comuni». Ha chiesto di essere ascoltata in procura ed è pronta a spiegare tutto anche ai magistrati. Sul possibile esito delle elezioni non si sbilancia, mentre Lucano mette giù chiaro il vero significato della partita: «Quando il popolo vuole qualcosa, non c’è ostacolo che lo fermi. La risposta la daranno le urne».

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