Mar. Lug 16th, 2024

Cena a Pizzo per i consiglieri di minoranza. Che hanno criticato Oliverio e promosso Occhiuto. Ma senza bocciare Ferro. E i Moderati ringraziano i nuovi sodali: «Con il governatore non ci incontravamo mai». A fine pasto la proposta inaspettata

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Una cena che, almeno secondo i partecipanti, non è stata per niente luculliana. Anzi, qualcuno si azzarda perfino a definirla «francescana». Insalata di polipo per antipasto, risotto leggero come primo e baccalà come secondo. Niente dolce e niente tartufo, malgrado il summit politico si sia svolto a Pizzo Calabro.
Le portate – ricche o meno che fossero – non erano comunque il piatto forte di serata. Perché la cena organizzata dal consigliere regionale vibonese Vincenzo Pasqua aveva altri (e più alti) obiettivi, in primis quello di compattare il centrodestra istituzionale in vista dei futuri appuntamenti politici. Che sono le Europee/Amministrative di maggio e, soprattutto, le Regionali del 2020.
Qualcosa non torna, in fondo, dal momento che al rendez-vous culinario hanno preso parte quasi tutti i consiglieri regionali di minoranza (assenti solo Nicolò e Sergio), i quali, oltre a militare nell’ancora indefinito recinto del centrodestra, hanno poco altro in comune. I vari Pasqua, Tallini, Orsomarso, Neri, Parente, Gallo, Morrone, Scalzo, Pedà e Arruzzolo (tutti insieme appassionatamente nella foto), hanno idee diverse sul futuro candidato governatore – i forzisti vogliono Mario Occhiuto, i fratellisti Wanda Ferro – e sono, tra l’altro, in lotta alle prossime Europee, quando verrà misurato il peso specifico di ogni singolo partito all’interno del centrodestra.
Per una sera, però, la competizione interna ha ceduto il passo a un incontro conviviale, con i frutti di mare a far da contorno a discorsi sinceri (favoriti dal vino, bevuto in quantità «francescane») e incentrati sul giudizio (negativo) appioppato al governo Oliverio, sulla candidatura di Occhiuto (accolta di buon grado dalla maggioranza dei presenti) ma anche sulla possibilità di un ritorno in campo di Ferro (non escluso).
E insomma, tutta la cena è filata via tra sorrisi e pacche sulle spalle, tra le immancabili battute cameratesche e le meno scontate dissertazioni sul futuro della Calabria e della sua classe dirigente.
A pancia piena il mondo sembra un posto più poetico: così i “Moderati” Neri e Scalzo, eletti con il centrosinistra, hanno avuto modo di compiacersi una volta di più per il modo in cui i nuovi sodali li hanno accolti nella coalizione. Qualcuno di loro ha anche commentato con una riflessione al veleno: «In 5 anni con Oliverio non ci siamo mai incontrati, con loro è tutto diverso».
Sarà forse per i comitati di accoglienza allestiti dal centrodestra, sarà per l’isolazionismo spinto del governatore, ma la realtà è questa: diversi altri esponenti del centrosinistra sarebbero pronti a saltare il fosso e ad aggregarsi alla squadra (e alla tavolata) del centrodestra. Tutti gli indizi – in numero sufficiente a diventare una prova – portano a ritenere Orlandino Greco (ancora capogruppo di “Oliverio presidente”) uno dei possibili transfughi. Diverse altre molliche di pane portano invece sulle tracce di Vincenzo Ciconte che, dopo aver elogiato pubblicamente Occhiuto nel corso di uno degli ultimi consigli comunali a Catanzaro, sarebbe pronto a ricandidarsi alle prossime Regionali nella lista del presidente: non in quella di Oliverio, ovviamente.
Tante cose si muovono nella cucina del centrodestra, e la cena di Pizzo ha offerto ai commensali l’occasione di assaggiare un po’ tutti i temi, per poi masticarli meglio più avanti, quando gli scenari saranno più chiari.
Il fuori menù ha però sorpreso davvero tutti. È calato il silenzio allorché un consigliere, forse preda dei fumi dell’alcol, o forse lucidissimo, ha messo sul piatto la proposta: «Basta con i nomi calati dall’alto. E se il candidato presidente fosse uno di noi?». Bocche immobili, sguardi assorti, solo qualche cenno di assenso e nient’altro. Che sia il prologo del “patto del polipo”? Chissà. La serata è comunque finita con quel pizzico di amarezza che ogni indecisione porta con sé. E manco un tartufo ad addolcirla, c’era.

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