Gio. Nov 7th, 2024

Hanno scelto strategie diverse. L’ex ministro il rito ordinario, la moglie del latitante Matacena l’abbreviato. Sono accusati di aver agevolato un sistema «pancriminale» composto da ‘ndrangheta, massoneria e finanza

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Si dividono, almeno in parte, i destini processuali di Chiara Rizzo, moglie dell’ex parlamentare latitante Amedeo Matacena, e dell’ex ministro dell’Interno, oggi sindaco di Imperia, Claudio Scajola. Entrambi imputati nel processo scaturito dall’inchiesta sulla fuga di Matacena, davanti alla contestazione di una nuova aggravante per uno dei capi di imputazione che vengono loro contestati, hanno scelto strategie diverse. Per il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, entrambi non solo hanno aiutato Matacena a sottrarsi alla condanna definitiva per concorso esterno e ad occultare il suo immenso patrimonio, ma in tal modo – e proprio questa è la nuova aggravante – hanno agevolato un «sistema pancriminale» in cui ‘ndrangheta, massoneria di estrazione piduista, grande finanza e politica siedono insieme e con comuni intenti, in tal modo riuscendo persino ad esautorare lo Stato di finzioni sovrane.
Un’accusa di cui Scajola ha deciso di rispondere nel processo con rito ordinario che già lo vede imputato, mentre Rizzo ha preferito optare per il rito abbreviato, condizionato all’acquisizione di una serie di documenti prodotti dai suoi legali. In realtà, per Rizzo l’avvocato Candido Bonaventura aveva chiesto l’ammissione al rito abbreviato per tutti i capi di imputazione che le sono stati contestati nell’ambito del procedimento, ma la sua istanza è stata rispedita al mittente dal collegio presieduto da Natina Pratticò. Rizzo dovrà dunque continuare ad affrontare il processo in dibattimento, fatta eccezione per la nuova aggravante, di cui risponderà in altro procedimento, fissato per il prossimo 18 marzo. Per quella data, nel procedimento con rito ordinario dovrebbero – quanto meno da calendario fissato – aver deposto tutti i testimoni chiamati dal procuratore aggiunto Lombardo per dimostrare in aula la sussistenza delle ulteriori accuse a carico di Scajola e Rizzo. Si tratta dei pentiti Cosimo Virgiglio, Giuseppe Lombardo “Cavallina” e Pasquale Nucera, del sostituto commissario Giuseppe Gandolfo, estensore dell’informativa “Stato parallelo”, che ha fatto luce sull’esistenza dell’associazione segreta alla base del sistema pancriminale, di cui Matacena sarebbe espressione. Ammesse anche le testimonianze sollecitate dalla difesa Scajola, che ha chiesto che vengano ascoltati l’ex ambasciatore Giorgio Starace, l’imprenditore delle slot Carmine Cedro, Giovanni Favilli e l’ispettore Di Domenico, un tempo capo scorta di Scajola.