Ma il sindaco di Imperia non decade dal suo incarico e rilancia: “Spazzata via l’infamante aggravante per ‘ndrangheta”. Condannata la moglie dell’ex parlamentare, assolti gli altri imputati
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Colpevole. Per il tribunale di Reggio Calabria l’ex ministro ed attuale sindaco di Imperia Claudio Scajola ha aiutato l’ex parlamentare Amedeo Matacena, tuttora latitante a Dubai a sottrarsi ad una condanna definitiva per mafia e per questo lo ha condannato a due anni di carcere. Per la medesima accusa, a un anno è stata condannata la moglie di Matacena, Chiara Rizzo.
Il pm aveva chiesto quattro anni e 6 mesi pena che avrebbe anche comportato la decadenza dal ruolo di sindaco di Scajola.
Non sembra aver convinto i giudici la parte dell’inchiesta che ha tentato di dimostrare come Lady Matacena, supportata dal braccio operativo del marito, Martino Politi, e dalla segretaria Maria Grazia Fiordelisi, fosse in realtà l’intestataria fittizia di un patrimonio che in realtà è di proprietà della ‘ndrangheta. Accuse che il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo aveva cristallizzato in due capi di imputazione, aggravati dall’aver agevolato la ‘ndrangheta, uno dichiarato prescritto, l’altro disinnescato con l’assoluzione dei tre imputati.
Dopo aver seguito quasi tutte le udienze, Lady Matacena ha deciso di attendere a casa l’esito della sentenza, Politi e Fiordelisi festeggiano con i rispettivi avvocati, Scajola incassa. “Speravo che questa storia si potesse chiarire con il primo grado. Da uomo delle istituzioni rispetto le sentenze, ma ovviamente ricorrerò in appello” dice a caldo.
Probabilmente sperava che i suoi legali sarebbero riusciti a convincere i giudici che gli affannosi tentativi di procurare un rifugio dorato a Matacena fossero solo attenzioni necessarie per impressionare la bionda Lady Chiara, per cui Scajola avrebbe preso una sbandata. Ma anche oggi nelle ultime repliche il procuratore aggiunto aveva smontato quella tesi, chiedendo la condanna dell’ex ministro ed attuale sindaco di Imperia. “Sapeva che quella era un’azione penalmente rilevante come lui stesso ha ammesso quando ha tentato di andare a patteggiamento”. Ed è colpevole ha detto il magistrato “a meno che non vogliamo ammettere che nel nostro sistema esista una scriminante, a me sconosciuta, per la quale in presenza di qualche sentimento ci sono condotte delittuose che perdono il loro disvalore penale”.
“Spazzata via l’aggravante relativa alla fantascientifica ma infamante accusa portata avanti con pervicacia dalla procura di Reggio Calabria di aver in qualche modo agevolato la ‘ndrangheta e pena più che dimezzata. Si riparte da qui!”. È il primo commento di Elisabetta Busuito, legale dell’ex ministro Claudio Scajola.
“Rispetto alle richieste del pubblico ministero – prosegue l’avvocato Busuito – ci troviamo con una pena più che dimezzata. Eravamo certi che la richiesta del pm sarebbe stata rigettata. Siamo convinti della bontà delle nostre tesi e quindi di vedere riconosciuta l’assoluzione dell’onorevole Scajola in secondo grado. Già oggi, questo verdetto dimostra come la tesi accusatoria del pm Lombardo, quella che ha giustificato mesi di indagini gravose, l’arresto preventivo dell’onorevole Scajola cinque anni e mezzo fa e tante paginate di giornali, sia stata letta in modo profondamente diverso dai giudici, cui spetta la verifica di prove e circostanze”.
“Cladio Scajola e Vincenzo Speziali erano parte di un progetto criminale ed erano coinvolti nella latitanza di Marcello Dell’Utri”. Così aveva detto, nella sua requisitoria, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, nel corso dell’udienza del processo “Breakfast’ in cui Scajola e Rizzo erano imputati di procurata inosservanza della pena e di avere favorito un’associazione mafiosa.
Il procuratore Lombardo aveva parlato di “sovrapponibilità tra la vicenda Matacena e quella dell’ex senatore Dell’Utri, fuggito in Libano dopo la sentenza definitiva della Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa, particolari che Scajola conosceva e di cui avrebbe parlato con Speziali”, uomo d’affari originario di Catanzaro emigrato da tempo a Beirut per motivi familiari. Scajola, secondo la ricostruzione del pubblico ministero, pur non nutrendo grande fiducia in Speziali, aveva comunque accettato il suo interessamento per proteggere Amedeo Matacena.
ALESSIA CANDITO – la repubblica