Mar. Lug 16th, 2024

Anche per la Cassazione va riconosciuto un filo conduttore tra le operazioni “Minotauro” e “Big Bang”

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La Corte di Appello di Torino ha riconosciuto la continuazione tra le sentenze “Minotauro” e “Big Bang” ai fratelli Adolfo Crea e Aldo Cosimo Crea, originari di Stilo nella Locride, condannati perchè ritenuti «capi del crimine torinese» operante in zona San Mauro.

I Giudici della terza sezione penale hanno sostanzialmente accolto la tesi difensiva, riconoscendo il principio della continuazione tra i reati nei confronti dei due fratelli Crea, individuando il reato più grave in quello disposto nella sentenza del processo “Minotauro”: quindi la pena complessiva per Adolfo Crea è di 16 anni e 5 mesi, mentre per Aldo Cosimo Crea è di 18 anni (entrambi hanno già scontato 10 anni di reclusione).

Con il riconoscimento del continuato (a cui va aggiunto il beneficio della cosiddetta “liberazione anticipata”), secondo i calcoli della difesa composta dagli avvocati Del Sorbo e Bavaro, Adolfo Crea, ad oggi recluso sottoposto al regine del “41 bis”, potrà lasciare il carcere nei primi mesi del 2021. Quindi si avvia al completamento del percorso detentivo.

Il processo in Corte d’Appello a Torino ritornava dopo l’annullamento disposto dalla Corte Suprema di Cassazione che, in precedenza aveva accolto il ricorso presentato dalla Procura generale di Torino, che sosteneva «la carenza fattuale della decisione dei giudici dell’appello». Nel nuovo giudizio accusa e difesa hanno sostenuto tesi differenti, con il collegio difensivo composto dagli avvocati Daniela Maria Rossi e Mauro Ronco, per Aldo Cosimo Crea, nonché dagli avvocati Giuseppe Del Sorbo e Alessandro Bavaro per Adolfo Crea, che hanno evidenziato come, in sintesi, «la sentenza di annullamento con rinvio della Suprema Corte parlasse di una carenza motivazionale e non di una carenza fattuale e giuridica per la concessione della continuazione delittuosa tra le due sentenze relative a due inchieste antimafia sul territorio piemontese».

Nello specifico i difensori hanno ripercorso l’attività di indagine che dimostrerebbe come le contestazioni mosse ai fratelli Crea nell’ambito dell’operazione “Big Bang”, fossero una dimostrazione del programma criminoso presente nell’inchiesta “Minotauro”, per lo più concernente i reati di estorsione e gioco d’azzardo, ritenuti dagli inquirenti come controllati dai fratelli Crea.

Nella sentenza di appello bis i giudici torinesi hanno anche assolto l’imputato Alessandro Torcia da una tentata estorsione, per come sostenuto dal suo difensore, l’avv. Alfredo Arcorace.

Il processo “Big Bang” è scaturito dall’operazione dei carabinieri eseguita nel 2016 in Piemonte e in Calabria contro una serie di persone indagate a vario titolo per associazione mafiosa, nonché per reati fine quali l’usura, l’estorsione detenzione di armi, gestione di luoghi per il gioco d’azzardo ed altro.

Per gli inquirenti i fratelli Aldolfo e Aldo Cosimo Crea sono due «capi crimine»

Le “locali” al nord seguendo Polsi

Prima la maxi operazione “Minotauro” (nel 2011) e qualche anno dopo la gigantesca retata “Big Bang” (condotta nel gennaio del 2016 dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino): due indagine sull’asse Locride-Torino-Piemonte che hanno messo in luce i collegamenti tra il capoluogo piemontese e le ‘ndrine calabresi. Anche in Piemonte erano quindi operativi, e funzionali secondo le regole imposte dal “Crimine di Polsi”. Proprio dalle voluminose carte di “Minotauro” è emerso come le “locali” piemontesi, secondo le Procura distrettuale antimafia di Torino e di Reggio, avrebbero cercato di ottenere il riconoscimento ad aprire una “camera di controllo”, il cui consenso doveva venire dalla Calabria.

FONTE GAZZETTA DEL SUD

SERVIZIO DI MARIA TERESA CRINITI

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