Ven. Nov 22nd, 2024

I procuratori Bombardieri e Gratteri raccontano le inchieste “Infectio” e “Core business”. Capomolla: «La ‘ndrangheta ha provato a condizionare le campagne elettorali». Il denaro della droga reinvestito in attività di comodo

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«Avevano comprato numerosi immobili in Umbria per poter riciclare il denaro sporco». Quello che il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, racconta è uno dei tanti aspetti della «proiezione delle ‘ndrine di San Leonardo di Cutro e di Siderno in Umbria». Due le procure distrettuali che hanno lavorato «in stretta sinergia», quella di Catanzaro e quella di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Tre le Squadre mobili – Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia – impegnate in due distinet operazioni: “Infectio”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, e “Core Business” coordinata dall’antimafia di Reggio Calabria, che hanno portato in carcere 24 persone e tre ai domiciliari. Nello specifico il gip di Catanzaro ha disposto l’arresto per Arapi Sherif, Giuseppe Benincasa, Cali Ilirjan, Mario Cicerone, Fabrizio Conti, Mario De Bonis, Antonio De Franco, Mario Falcone, Luigi Giappichini, Giuseppe Mannolo, Pasquale Nicola, Profiti, Antonio Ribecco, Francesco Ribecco, Natale Ribecco, Francesco Procopio, Giovanni Rizzuto, Emiliano Regni, Pietro Scerbo, Francesco Valentini, Leonardo Zoffreo. E i domiciliari per Antonio Costantino, Giuseppe Costantino, Emanuele Regni. Il gip di Reggio Calabria ha disposto il carcere per Cosimo Commisso, Francesco Commisso, Antonio Rodà, Giuseppe Minnici.
Le accuse vanno dall’associazione mafiosa al riciclaggio, autoriciclaggio, estorsione, traffico di droga, detenzione di armi, intestazione fittizia di beni. «Le famiglie si erano trasferite a Perugia portando un notevole danno all’economia umbra», sottolinea Gratteri. Un’indagine, quella portata a termine oggi, con «proiezioni anche internazionali», afferma il procuratore Bombardieri. La consorteria, infatti, aveva realizzato in Umbria produzioni che tentava di esportare in Canada e in America. Il denaro sporco, inoltre, si tentava di “pulirlo” a Malta o in Slovenia. «Tra gli arrestati c’è anche il nipote del boss Antonio Mancuso di Vibo Valentia. Era lui che aveva il compito – dice il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Capomolla – di operare all’estero per conto della consorteria».

ORDINI DAL CARCERE L’indagine nasce dall’osservazione di Cosimo Commisso, 69 anni, capo storico della più radicata famiglie di mafia di Siderno. «Era lui il punto di riferimento per Antonio Ribecco che si trovava a Perugia», osserva Bombardieri. Era lui che, dal carcere o dai domiciliari, impartiva ordini e direttive che arrivavano al nord e anche oltreoceano, dove Commisso aveva intessuto buone relazioni. A rivelare il potere di Cosimo Commisso anche dal carcere è il collaboratore di giustizia Cipriano D’Alessandro, in passato legato ai Casalesi, uno che con Commisso ci ha diviso la cella, racconta il procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo. «È D’Alessandro che spiega come dal carcere i grandi capi continuino a dettare la linea di comando agli affiliati», dice Lombardo puntando il dito contro un sistema carcerario fallace. «Soggetti con un passato rilevante – aggiunge l’aggiunto di Reggio – continuano ad essere dei riferimenti per le attività illecite».
CAMPAGNA ELETTORALE «La sopraffazione parassitaria della ‘ndrangheta in Umbria – spiega Capomolla – non ha mancato di condizionare le campagne elettorali. La consorteria non ha tralasciato le ingerenze in ambito politico-amministrativo». «Dall’indagine emerge uno spaccato dell’Umbria allarmante – dice il Francesco Messina direttore della Direzione centrale anticrimine – Ribecco aveva portato sul territorio perugino il suo sapere mafioso. Il denaro proveniente dal traffico di droga veniva investito anche aprendo e chiudendo attività di comodo». (a.truzzolillo@corrierecal.it)