Mer. Lug 17th, 2024

Pare che a San Luca non sia piaciuta a molti la decisione di intitolare lo stadio comunale a Corrado Alvaro. L’equazione è stata facile: Alvaro non ha scritto di sport, come ad esempio Saba, con le sue poesie per il gioco del pallone; non risulta lo abbia mai praticato e, pertanto, intitolargli lo stadio è come intitolare una biblioteca a Schillaci, da molti dimenticato centravanti di una Nazionale che ha fatto sognare. Acutamente Antonio Strangio ha colto il paradosso di una voce popolare, cui (ed è l’unica colpa nella gestione dell’evento) non si è avuto il tempo sufficiente per spiegare le motivazioni rigorose di questa esemplare decisione.

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Ho avuto modo anch’io di dolermi con il Commissario Prefettizio Gullì, nel momento in cui plaudivo convintamente alla decisione adottata, del fatto che la Fondazione nazionale «Corrado Alvaro», con sede in San Luca, non fosse stata coinvolta nell’organizzazione dell’evento, consentendole di coadiuvare gli organi comunali nella formulazione e nella esplicitazione degli ottimi motivi che hanno originato la scelta. Probabilmente l’accelerazione delle procedure e dell’organizzazione dell’evento non lo ha consentito; e, comunque, la sostanza vale certamente più della forma.

E allora… perché non si poteva non intitolare il campo ad Alvaro? Sarebbe facile ― e l’ho scritto troppe volte per ripeterlo ancora ― che se San Luca è conosciuto nel mondo, al di là dei ben noti fatti criminosi, lo si deve al fatto che Alvaro l’ha elevato, nell’immaginario letterario, a paese dell’anima in tutta la sua opera, pur senza quasi mai nominarlo, se non come Potamia, il toponimo antico. Sta di fatto che in tutto il mondo San Luca è associato ad Alvaro, che ha fatto del suo paese natale una indimenticabile metafora della condizione meridionale; e, come tale, essa vive e vivrà ben al di là delle contingenze della cronaca.

Tra venti anni nessuno, se non gli storici del calcio, ricorderà chi era Schillaci. Da sessanta e più anni Alvaro continua a vivere, con la sua opera e nella sua opera, in Italia come all’estero; e stanno a dimostrarlo gli oltre duemila studi che si son accumulati sullo scrittore, le venti lingue in cui è stato tradotto etc. etc. Di più: Alvaro è divenuto l’icona della Calabria; e non a caso il Palazzo della Provincia è stato intitolato nel suo nome.

San Luca avrebbe potuto e dovuto ― secondo una proposta che era stata avanzata ― aggiungere al suo toponimo “Alvaro”, come ad esempio è stato fatto per San Mauro Pascoli. Purtroppo l’iniziativa non è andata avanti; e c’è voluta l’opera meritoria di un Commissario prefettizio, il dott. Gullì, perché almeno lo stadio comunale fosse a lui intitolato, nel segno di quei valori per cui ha speso tutta la sua vita.

A vent’anni, come ho ricordato in un mio recentissimo libro, Alvaro ha giocato su un campo ben più pericoloso di quello calcistico: le trincee della Grande Guerra, tra assalti e morti cruente e mutilazioni, come quella, permanente, che ha subìto a una mano; e subito dopo il fascismo, combattuto con rigore morale prima con la scrittura giornalistica, poi con il silenzio della resilienza, dopo qualche tentennamento, poi nuovamente con la discesa in campo, che ne causò una condanna a morte in contumacia. E nel secondo dopoguerra, come ha sempre attestato Enzo Biagi, è stato fino alla morte, nel 1956, lo scrittore che più ha impersonato in Italia la coscienza civile dei valori e della meridionalità. Senza tacere della ‘ndrangheta, senza tacere tutto ciò che deturpa e inficia la vita della società calabrese.

Non vi pare abbastanza per intitolare uno stadio ― nato nel segno della lotta per la legalità, per la pari opportunità, per la rinascita di una società non degradata ― nel nome di Corrado Alvaro? E dunque allo scrittore che è stato un esempio di come si possa sconfiggere la negatività della condizione storica e sociale? E dunque allo scrittore che, partendo da un paese dell’entroterra calabrese, si è imposto come una delle voci più alte del suo tempo?

Alvaro, a suo modo, è stato un atleta della cultura e della scrittura: ha mostrato in modo esemplare che, partendo da condizioni proibitive, si può lottare e vincere. Instilliamo in quei bambini che giocano sul campo di calcio l’orgoglio di essere sanluchesi come Alvaro e ― come lui ― capaci di giungere alle mete più alte: magari nell’Inter o nella Juve o nel Napoli. Partendo dall’«Alvaro» di San Luca.

Avrei avuto piacere, da ormai antico centravanti in disarmo, di essere presente a quell’intitolazione; ma ero impegnato nella Abilitazione Scientifica Nazionale, come sempre al servizio dello Stato. Avrei avuto il piacere di cooperare a quest’evento, quant’altri mai meritorio, e di stringere con calore ― a nome della Fondazione ― la mano del Prefetto e del Commissario prefettizio, che l’hanno voluto e realizzato, individuando l’intitolazione dello stadio nell’interprete più alto e riconosciuto e duraturo della Calabria del Novecento.

 

Aldo Maria Morace

Presidente della Fondazione Alvaro

Ordinario di letteratura italiana nell’Università di Sassari

Segretario dell’Associazione degli Italianisti

 

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