Mar. Lug 16th, 2024

La procura distrettuale antimafia di Ancona e quella ordinaria di Pesaro hanno aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario con l’aggravante mafiosa

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Non ci sono dubbi che l’agguato nel pomeriggio di Natale, costato la vita a Marcello Bruzzese, 51 anni di Rizziconi provincia di Reggio Calabria, sia legato alla ‘ndrangheta. La procura distrettuale antimafia di Ancona e quella ordinaria di Pesaro hanno aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario con l’aggravante mafiosa. In questa primissima fase dell’inchiesta è al lavoro un pool misto di magistrati: il capo della procura pesarese, Cristina Tedeschini, i sostituti Maria Letizia Fucci e Fabrizio Narbone, i magistrati della Dda di Ancona, Daniele Paci e Paolo Gubinelli, e il procuratore distrettuale Monica Garulli. Un gruppo di lavoro ampio e aperto anche ad altri contributi, perché gli accertamenti e le verifiche da effettuare velocemente sono diverse; finita la fase di emergenza, sarà la procura distrettuale antimafia ad occuparsi in toto dell’omicidio. Le indagini proseguono senza sosta sin da quando poco dopo le 18, del giorno di Natale, è scattato l’allarme. Via Bovio, la stradina a senso unico del contro storico dove è  avvenuto l’agguato, è stata chiusa ermeticamente e così tutta la città. Senza esito, per il momento, le ricerche dei due killer, che alcuni testimoni hanno visto di sfuggita dileguarsi “come ombre”. A dare un volto ai due assassini potrebbero essere le telecamere poste all’ingresso delle zone a traffico limitato, che chiudono in cerchio alle auto le vie d’accesso al centro di Pesaro. Dal massimo riserbo che mantengono gli inquirenti, sembra farsi strada l’ipotesi che i due killer siano stati aiutati da un basista: Marcello Bruzzese, infatti, è stato freddato da almeno 15 pallottole calibro 9 sparate da una pistola automatica mentre stava parcheggiando l’auto nel garage sotto la sua abitazione, dalla quale era uscito solo pochi minuti prima. Non un’azione abituale, dunque, che però non ha modificato il piano di chi lo ha ucciso. E poi il luogo scelto per l’agguato: una stradina del centro storico, a senso unico, dove c’è un ristorante di pesce noto e molto frequentato e diversi negozi. Ma al 25 di dicembre, come sempre, tutti i locali erano chiusi per il Natale e non c’era nessuno per strada all’ora del delitto.

VENDETTA TRASVERSALE Una vendetta trasversale nei confronti del fratello collaboratore di giustizia: è l’ipotesi privilegiata per spiegare l’omicidio di Marcello Bruzzese, ucciso Pesaro. La pista d’indagine raccolta in ambienti investigativi reggini fa emergere come la data del delitto, il giorno di Natale, non sia casuale, ma scelta appositamente per generare sofferenza nei superstiti in occasione di una giornata che dovrebbe essere di festa. Una “usanza” praticata da varie cosche di ‘ndrangheta del reggino, comprese quelle che operano nella piana di Gioia Tauro. Dopo il delitto, carabinieri e polizia della Provincia di Reggio Calabria sono stati ovviamente allertati vista la natura della vittima, ma soprattutto del fratello, il collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese. Non viene invece considerata particolarmente interessante l’ipotesi di una intimidazione ai danni di Girolamo per indurlo a non parlare o a ritrattare. Tutti i processi in cui è stato coinvolto come testimone sono ormai chiusi e vista l’epoca del suo “pentimento” il 2003, le sue conoscenze sono ormai datate nel tempo. Sul fronte investigativo Marcello Bruzzese, invece, non è mai stato un soggetto particolarmente interessante. Ha dei precedenti di non grande rilievo e tutti datati. Al programma di protezione aveva aderito già pochi giorni dopo il “pentimento” del fratello, insieme alla stragrande maggioranza dei familiari di Girolamo. Gli unici a non accettare furono il suocero – che fu ucciso pochi mesi dopo – la suocera e alcune cognate. I Bruzzese non erano considerati una cosca, ma una famiglia vicina alla cosca Crea, egemone sul territorio di Rizziconi, e Girolamo era considerato vicino al boss Teodoro Crea, contro il quale, tuttavia, sparò nel 2003 quando entrambi erano latitanti. Appreso che il boss non era morto, Bruzzese si costituì e iniziò a collaborare con la magistratura

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