Sab. Lug 27th, 2024

La voce si abbassa e le tue forze ancor di più. Il cuore batte forte e ogni pensiero si confonde con la paura, il terrore di non poter garantirti una vita tranquilla e dignitosa, di non poter garantire ai tuoi figli e ai tuoi cari il necessario per vivere e non sopravvivere. Manca il fiato alla notizia di un possibile licenziamento collettivo di 130 persone, 130 è un numero che dietro nasconde 130 vite moltiplicate per un numero indefinito. Perché quando spezzi la vita lavorativa di un padre di famiglia, stai spezzando la serenità dei suoi figli, della propria moglie, dei parenti e degli amici, nonché dei colleghi. Quando dici ad una mamma che il suo lavoro sta per terminare, si spegne la luce di quegli occhi che guardano il proprio figlio sorridere; se blocchi l’entusiasmo di un giovane venticinquenne che vive nella Locride, dove, oltre l’emigrazione per il lavoro e per gli studi, ha solo l’alternativa della disoccupazione, e se ti imbatti purtroppo in vie pericolose, anche della malavita, perché per fare l’imprenditore di se stesso non ne ha avuto le possibilità, blocchi l’opportunità di ringiovanire un luogo; immagina la vita di una dializzata che trova riparo nel suo lavoro, aiutandola anche a curarsi ( ahimè deve elemosinare non solo il diritto alla salute ma anche al lavoro, in questa nostra terra di precarietà e disservizi); se dici ad una donna divorziata con alle spalle un drastico matrimonio che non potrà rientrare nei piani aziendali, la stai separando nuovamente dalla possibilità di rifarsi una vita; se vedi una giovane coppia mano per la mano scendere le scale di quell’immobile e chiudere la porta, hai chiuso ogni accesso per costruirsi un futuro, come il destino di marito e moglie che perderebbero entrambi il lavoro. Perché per ogni numero che una azienda conserva nel libro dei lavoratori, per ogni matricola, c’è dietro una vita, fatta di sentimenti, speranze, progetti, sacrifici.

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Lavori nella tua città e hai costruito la tua vita familiare, i tuoi sogni,  coltivi le tue passioni dove sei nato, fai della tua attività lavorativa una ragione di vita di cui andare orgoglioso, vedi la tua città viva grazie al tuo contributo da dipendente di un’azienda costruita cresciuta con dedizione e rispetto del lavoro e dei lavoratori, ma all’improvviso, per un ragionamento che si distacca dalle emozioni, dalle vite di ognuno, dai sentimenti, ma che segue la linea del profitto e degli interessi, tutto diventa surreale.

Call e Call Lokroi, è nominata per essere un’ azienda di cui andare fieri, perché, il lavoro è retribuzione, il lavoro è diritto, il lavoro è forza ed unione, il lavoro è colleghi ed amici, il lavoro è opportunità di crescita, il lavoro è coscienza. Imprenditori del nord che investono al Sud con altri uomini del sud e proseguono un progetto tutto made in Locri con uomini del posto che fiutano l’opportunità di crescere. Imprenditori che credono in questa terra e vengono supportati da finanziamenti pubblici, vengono spinti dall’entusiasmo di imprenditori, sostenuti dal lavoro di uomini e donne.

Ma spesso ti accorgi che non basta e qualcosa che sa di paradosso spezza l’armonia. Per quanto tu possa fare, spesso gli obiettivi non sono uguali per tutti, così pur avendo le carte in regola, pur vincendo una gara tra i migliori competitor dei call center, il tuo committente ( questa la comunicazione ufficiale dei sindacati) non ha i tuoi stessi piani, o meglio, detta legge e, dunque, propone altre mete.

Locri diventa un luogo da penalizzare, da scartare, perché, come riferito alle sigle sindacali dalla stessa Azienda, per una migliore organizzazione e logistica, la sede di Casarano, una delle sedi della Call e Call holding, su territorio pugliese, più si addice alle esigenze del committente.

È il mercato degli affari, l’azienda deve accettare (?), nulla può (?), e quell’orgoglio di appartenere a Call e Call Lokroi si trasforma in rabbia. Maledetti noi che restiamo in questa terra, dove il lavoro lo devi elemosinare e lo perdi per un semplice motivo: questa terrà non è fertile.

Ma chi lo spiega ai nostri figli? Chi lo dice a loro che il coraggio di restare e vivere in questa terra non è un esempio da seguire ma da condannare? 130 licenziamenti. Alternative? Disoccupazione, lavoro nero, emigrazione, criminalità. La dure legge di chi resterà in questa terra, perché i diritti sono calpestati.

 

Ho iniziato a lavorare subito dopo la laurea, facendo delle mie passioni un lavoro, per poi incontrare Call e Call e innamorarmene. Alti e bassi, dolori e gioie, schiaffi presi e accettati, ingiustizie subite, crollo morale e fisico. Ma sempre con la schiena dritta e a testa alta con orgoglio ho indossato questo mestiere (che mi sta stretto ma che rispetto) perché di fronte a me, l’onestà intellettuale, una retribuzione vera e non elemosinata, una occupazione nella mia città che mi ha permesso di costruire una famiglia, mi ha dato le basi per costruire altri progetti e crescere insieme ad altri uomini e donne. Io sono qui. Non lo so cosa mi spinge ancora a credere in questa terra, dopo essere stata bistratta sul mio posto di lavoro, dopo aver ricevuto delusione dalla mia passione giornalistica, il mio primo impegno ( guai però a chiamarlo lavoro, perché ad avere una busta paga lì era un sogno), dopo aver visto andare in frantumi il progetto sportivo costruito con mio marito e altri giovani imprenditori, dopo essere stata svegliata più volte nel cuore della notte, dagli spari e dalle barbarie di alcuni bastardi che hanno minacciato la mia famiglia. Non lo so perché la Calabria non mi fa andare via. Eppure ai miei figli sto insegnando ad amare la propria terra. Ad apprezzare ogni singolo angolo di questo luogo bello ma difficile. Sono sicura che cresceranno più forti e coraggiosi.

In questi 10 anni lavorativi anche io sono cresciuta e diventata più forte. Ricordo i primi momenti vissuti in Call e Call, quando ancora eravamo persone, anime con una storia tutta da raccontare e c’era pure qualcuno che ci ascoltava: il nostro capitano.

Colui che ci abbracciava e ci aiutava a rialzarci ogni qualvolta si cadeva. Si cresce ed, erroneamente a mio avviso, si pensa che di quella figura puoi farne a meno. Invece no! Tu di un padre non puoi mai farne a meno.

Ma devi andare avanti e lo fai anche con altri uomini, sapendo che il tuo capitano è sempre lì, sta in disparte però.

Oggi ci ritroviamo senza un servizio e una parte di call center rischia il licenziamento collettivo.

Locri sarà depotenziata. Eppure parlano tutti di sviluppo socio economico, di legalità, occupazione.

Saranno numeri ad andar via ma io so che quei numeri sono storie da vivere, da raccontare, sono persone con cui ho lavorato e spero di farlo ancora; sono cuori che battono per questo territorio, sono sorrisi che regalano soddisfazioni, sono voci di uomini e donne che, onestamente, fanno il loro lavoro e, nonostante qualcuno li critichi, sono invidiati.

Vedo i loro occhi e ascolto le loro voci, si sforzano al telefono con il cliente, si sente la rabbia e la malinconia, si respira un’aria diversa a Call e Call e, per quanto, assurda possa essere la realtà, è questa.

Racconterò, grazie anche al contributo della collega Emanuela Alvaro, le storie di alcuni colleghi che, pur non conoscendo quale destino sarà riservato loro, stanno vivendo giorni di smarrimento. Io non li conto, io li ascolto perché ognuno ha qualcosa da dire.

E in queste ore l’azienda e i sindacati parlano del nostro destino… Si aprono le procedure 223 per il licenziamento collettivo

Noi parliamo, raccontandovi chi siamo.

Domenica Bumbaca

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