Messina, colpire cosche in Calabria per neutralizzarle altrove
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“La ‘ndrangheta che si evolve ha bisogno del mondo delle professioni, che a loro volta hanno abbassato di molto l’etica e la morale in nome del Dio denaro, è prona ai servigi all’imprenditoria mafiosa”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, incontrando i giornalisti, ha commentato l’operazione “Kossa” – dall’antica denominazione di Cassano allo Ionio – condotta dalla polizia contro la cosca Forastefano che ha evidenziato i legami della ‘ndrangheta con professionisti e imprenditori. “E’ stata – ha aggiunto Gratteri – un’attività investigativa difficile, strutturata, che non ha il supporto di alcun collaboratore di giustizia, ma abbiamo deciso di investire più uomini e mezzi perché si tratta di una famiglia di ‘ndrangheta che aveva l’ossessione del controllo del territorio, non solo sul piano fisico , ma anche economico. Si tratta di famiglie di ‘ndrangheta che hanno un pedigree di ferocia, perché queste famiglie hanno insanguinato per anni interi ambiti e territori della provincia di Cosenza”. “La ‘ndrangheta – ha aggiunto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine – va combattuta in Calabria, cioè dove il fenomeno è endemico perché è da qui che deve partire un’azione di neutralizzazione del problema. Dobbiamo colpire l’organizzazione nel territorio in cui essa è forte, in cui manifesta militarmente il suo potere, per arrivare a neutralizzarla anche altrove. Attraverso azioni di repressione forte recuperiamo spazi che lo Stato, anche con il supporto delle istituzioni, deve rioccupare per favorire la rinascita della legalità”. Gli arrestati sono appartenenti o contigui ai Forastefano e sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, violenza privata, trasferimento fraudolento di valori, e truffa, delitti anche aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. L’indagine ha ricostruito l’operatività della cosca che, dopo le inchieste del 2008, si era rigenerata penetrando nel tessuto economico della Sibaritide, ed in particolare nel settore agroalimentare e in quello dei trasporti avvalendosi della forza dell’intimidazione tipica dell’associazione mafiosa. Vittime del sodalizio gli imprenditori dell’agroalimentare. Tra queste anche un’azienda con sede nella provincia di Ferrara, di livello europeo, che opera nel campo della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, il cui rappresentante legale, con riferimento alle attività avviate nella Sibaritide, è risultato vittima di una lunga serie di vessazioni. Le mire imprenditoriali, secondo le indagini, si sono estese anche al settore degli autotrasporti, monopolizzato grazie a un “cartello” di ditte riconducibili, direttamente o indirettamente, al clan e votato all’acquisizione, spesso con la forza, delle commesse di altri operatori del settore. Un controllo asfissiante e totale del tessuto sociale ed economico della zona, reso possibile anche dalla pax mafiosa stipulata con gli storici rivali con i quali si sono in passato contrapposti per il controllo criminale.