Mer. Lug 17th, 2024

Nuove dichiarazioni giungono da parte di Daniel Panarinfo, 38 anni, pentito e collaboratore di giustizia che temendo di fare una brutta fine ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri facendo emergere negli scorsi giorni nuovi particolari dell’operazione “Geenna”.

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Racconta dello stretto legame con Bruno Nirta di San Luca che aveva deciso di fargli battezzare il figlioletto.

Una cerimonia che si sarebbe dovuta svolgere nel settembre del 2016 nel Santuario della Madonna di Polsi, un rito che avrebbe legato il presunto boss e l’odierno pentito per sempre quasi come parenti.

Daniel Panarinfo, deciso a rompere con il mondo della criminalità organizzata «perché» spiega ai magistrati piemontesi «si sono presi la mia vita», parla anche di uno dei fatti di sangue più cruenti mai avvenuti in Calabria: l’uccisione d’un bimbo di tre anni, avvenuta a Cassano il 16 gennaio del 2014: Cocò Campolongo venne assassinato e poi bruciato insieme al nonno, Giuseppe Iannicelli, pregiudicato, e la compagna marocchina, Ibis Taoussa.

Le ulteriori dichiarazioni di Panarinfo fanno riferimento ad una confessione di Bruno Nirta che, gli aveva raccontato del coinvolgimento di Campilongo nell’uccisione del piccolo Cocò spiegandogli che, quest’ultimo, aveva partecipato al delitto per ottenere la rituale affiliazione alla ‘ndrangheta.

Ma le testimoniante non si limitano a questo. A parlare è anche il pentito Domenico Falbo, detto il “cireneo”, cassanese , legato al clan Forastefano, assumendo di aver ricevuto da Daniel Panarinfo indicazioni sul triplice omicidio che ha coinvolto Cocò Campolongno. Tuttavia le dichiarazioni non sembrano combaciare, non rendendo chiare ancora troppe cose. Chiaro invece appare quanto il pentito Daniele Panarinfo fosse entrato nelle “grazie” della ‘ndrangheta, tanto da ritenerlo meritevole di essere a conoscenza di determinate confidenze.

redazione@telemia.it

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