Gio. Lug 18th, 2024

E’ quanto deciso dalla Corte d’appello di Catanzaro in accoglimento del ricorso: “La pericolosità sociale non è più attuale”

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La Corte di appello di Catanzaro, sezione misure di prevenzione, presieduta dal giudice Abigail Mellace, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Francesco Capria revocando la sorveglianza speciale nei confronti di Giuseppe Mancuso, 63 anni, alias “Pino Bandera”, fratello del boss Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, ritenuto uno dei vertici dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Limbadi.La misura era stata precedentemente adottata con una comunicazione della Questura di Vibo Valentia che segnalava la rimessione in libertà di Mancuso dopo aver scontato tra carcere e domiciliari una condanna in via definitiva a venti anni per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante dell’ingente quantità. Ritenuta attuale la sua pericolosità sociale, il provvedimento era stato rivalutato e nei confronti del 63enne originario di Limbadi era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di due anni e sei mesi.

La misura era stata precedentemente adottata con una comunicazione della Questura di Vibo Valentia che segnalava la rimessione in libertà di Mancuso dopo aver scontato tra carcere e domiciliari una condanna in via definitiva a venti anni per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante dell’ingente quantità. Ritenuta attuale la sua pericolosità sociale, il provvedimento era stato rivalutato e nei confronti del 63enne originario di Limbadi era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di due anni e sei mesi.

Il ricorso alla Corte d’appello di Catanzaro

L’avvocato Capria

Mentre il Tribunale di Vibo riteneva attuale la pericolosità sociale di Mancuso perché nel corso della detenzione non vi è stato “alcun segno di dissociazione dal contesto criminale” e perché nel suo percorso carcerario si evinceva “l’assenza di qualsiasi segnale di revisione critica, ritenendosi una vittima”, la difesa proponeva appello chiedendo l’annullamento del decreto su tre presupposti: mancanza dell’attualità nella pericolosità sociale dopo “la lunga detenzione sofferta”; condotta regolare in carcere come attestato dal Tribunale di Sorveglianza di Torino; nessuno interesse alle vicende relative al sodalizio criminale riconducibile ai propri familiari durante il periodo di reclusione.

Il verdetto dei giudici: “Non c’è pericolosità sociale”

Giuseppe Mancuso è stato detenuto ininterrottamente per venti anni: dal 2003 al settembre del 2022 in carcere e fino al maggio del 2023 ai domiciliari a Ferrara. Per i giudici della Corte d’appello di Catanzaro “non emergono nuove frequentazioni criminali o elementi allarmanti”. E’ emerso, al contrario, come Mancuso abbia fissato la propria dimora lontano dal luogo di appartenenza del sodalizio (a Ferrara), “così dimostrando di voler recidere i legami con la famiglia di origine”. Non vi è dunque attualità e per la Corte “Mancuso appare invece avere dato prove effettive di risocializzazione ed abbandono di logiche criminali”. Per questo motivo il ricorso dell’avvocato Capria è stato accolto e la misura di sorveglianza speciale revocata.

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