Giorgino De Stefano, arrestato nell’ambito dell’indagine Malefix nel giugno del 2020, non era solo un rampollo di un casato di ‘Ndrangheta tra i più temuti nel mondo che si era trasferito al Nord, ma aveva dato vita a un suo gruppo con cui ‘operava’ a Milano. È quanto sostiene Klaus Davi in un’inchiesta a puntate pubblicate sui suoi profili social (https://www.facebook.com/klausdavi2/posts/1054237688405831?__tn__=-R). Secondo Davi il figlio di don Paolo De Stefano poteva contare su almeno cinque fedelissimi tra cui anche un siciliano. Il gruppo, secondo quanto ricostruito da Davi, operava nel settore dello spaccio, commercio di orologi di lusso, ticketing di concerti. Frequenti i rapporti con il mondo delle curve calcistiche di Serie A. Da Paolo Martino (primo cugino del padre don Paolo) De Stefano aveva anche ereditato l’interesse per il settore della sicurezza che però avrebbe gestito in un modo diverso, più mirato alla ‘Milano bene’. Frequenti, rivela il giornalista, i suoi viaggi a Ibiza. Strette, sempre secondo Davi, le relazioni con il gruppo di Pepé Flachi a Bruzzano i cui due figli sono stati arrestati nel dicembre scorso. In uno degli articoli Davi ha focalizzato i rapporti fra il ‘Nano’ (così era soprannominato il giovane boss) e alcuni potenti esponenti di ‘Cosa Nostra’, in particolare i fratelli Fontana poi arrestati a loro volta dalla Dda. La serie di articoli proseguirà nei prossimi giorni, anticipa Davi, e fornirà un quadro abbastanza preciso dell’ambiente che ruotava attorno al ristorante di proprietà del rampollo, compresi i timori dei monitoraggi della Dia, i rapporti con le tifoserie di Serie A, gli investimenti in una pescheria del centro.
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