Sab. Ago 10th, 2024

“C’è una certa preoccupazione, forse più mediatica e politica, circa le infiltrazioni di tipo mafioso. Siamo stati protagonisti di questa prima grande indagine “Perfido” con tutta una serie di risvolti anche piuttosto ambigui. Da qui abbiamo imparato, e lo ha imparato anche il territorio, che non siamo esenti dai tentativi di infiltrazioni. Il Trentino è un territorio virtuoso, fertile e con attività economiche in salute che fanno gola alle organizzazioni che hanno trovato in tutto il nord Italia fonti di reddito”. Lo dice in un’intervista ai microfoni di LaPresse il colonnello Matteo Ederle, comandante provinciale dei Carabinieri di Trento, anticipando il bilancio di un anno di attività di controllo del territorio facendo riferimento al processo “Perfido”, il primo procedimento giudiziario in corso su presunte infiltrazioni dell’ndrangheta nel tessuto economico del porfido.

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“L’occasione fa l’uomo ladro”

“La diffidenza del territorio fa sì che il Trentino riesca ancora a difendersi da solo – precisa il colonnello Ederle – ma l’occasione, si sa, fa l’uomo ladro. Dopo “Perfido” c’è stata un’opera di sensibilizzazione e confronto tra forze di polizia e magistratura: l’inchiesta ha dimostrato una certa ingenuità investigativa per non avere intercettato alcuni sintomi del problema. È anche vero che le modalità operative delle mafie sono radicalmente cambiate. Non ci sono più minacce ed estorsioni, caporalato e violenze.

Le grandi organizzazioni mafiose – spiega il comandante – si sono “raffinate” avvalendosi di professionisti di alto rango per rilevare società e controllare settori produttivi con meccanismi che, sotto il profilo legale, sono perfetti. Difficile dunque monitorare eventuali sintomi di infiltrazione ma Perfido ci ha insegnato a drizzare le antenne. Bisogna imparare a pensare con una sorta di “pregiudizio” professionale per equiparare il Trentino a Lombardia, Piemonte e Veneto dove i segnali sono più evidenti. I tempi sono maturi – conclude Matteo Ederle -, non dobbiamo dormire”.

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