Mar. Lug 16th, 2024
Roma, 9 apr. (askanews) - Quattro noti imprenditori di Reggio Calabria ritenuti affiliati alle cosche di 'ndrangheta del capoluogo calabrese sono stati fermati in un'operazione del Nucleo investigativo dei carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia reggina: sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio. Gli imprenditori avrebbero contato sull'appoggio delle più pericolose cosche cittadine per accumulare enormi profitti illeciti, riciclati poi in fiorenti attività commerciali. L'indagine ha fatto luce su un reticolato di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori edili e immobiliari. Sequestrate anche numerose aziende, centinaia di appartamenti e decine di terreni edificabili nel capoluogo per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro. All'operazione hanno partecipato oltre 100 carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.

I carabinieri di Monza e la Gdf di Varese stanno eseguendo in Lombardia e Piemonte 43 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda milanese su due gruppi criminali operativi tra Milano e Varese costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori, accusati a vario titolo di associazione per delinquere aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, corruzione e turbata liberta’ degli incanti, finalizzati alla spartizione e all’aggiudicazione di appalti pubblici.

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Sono 95 in totale le persone indagate a vario titolo per associazione per delinquere aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, finalizzata a corruzione, finanziamento illecito ai partiti, turbata liberta’ del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d’ufficio, nell’inchiesta coordinata dal Procuratore Aggiunto e responsabile della Dda Alessandra Dolci e dai pm Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno. Delle 43 persone destinatarie del provvedimento, firmate dal gip Raffaella Massacrino, 12 sono finite in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma. Di queste solo 9 sono accusate di associazione a delinquere. Sono duecentocinquanta i militari, tra carabinieri e finanzieri impegnati dalle prime luce dell’alba nell’esecuzione misure cautelari nelle province di Milano, Varese, Monza e Brianza, Pavia, Novara, Alessandria, Torino e Asti.

C’e’ anche una richiesta di autorizzazione inviata alla Camera dei Deputati per l’arresto per finanziamento illecito del parlamentare di Forza Italia Diego Sozzari nell’inchiesta della Dda milanese che oggi ha portato a 43 misure cautelari per un giro di Tangenti negli appalti e con al centro anche l’accusa di associazione per delinquere aggravata dall’aver favorito una cosca mafiosa.

Sono diversi i filoni dell’inchiesta che stamane ha portato a eseguire 43 ordinanze cautelari firmate dal gip Raffaella Mascarino, e tra gli altri, ha fatto finire in carcere Tatarella e ai domiciliari Altisonante. Uno di questi riguarda gli appalti targati Amsa, l’azienda dei rifiuti milanese e parecchie partecipate pubbliche. Un altro, il filone varesino e che ha come personaggio principale l’ex coordinatore provinciale di Varese Gioacchino Caianiello (anche lui tra i destinatari del provvedimento del gip Mascarino) riguarda il Piano di governo del territorio e le sue varianti. Ma per inquirenti e investigatori il personaggio principale dell’inchiesta e’ l’imprenditore Daniele D’Alfonso con la sua Ecol-Service, uno dei quali risponde dell’aggravante di aver favorito la ‘ndrangheta, in quanto con gli appalti ottenuti in cambio di Tangenti avrebbe dato lavoro agli uomini della famiglia calabrese dei Molluso di Buccinasco. Ed e’ lui che, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, attraverso fittizie consulenze e altre utilita’, avrebbe ‘ricompensato’ Tatarella con cui, come emerge dalle intercettazioni, si sarebbe incontrato da Berti, il ristorante milanese non molto lontano dagli uffici della Regione e gia’ venuto a galla in molte indagini milanesi, e che ora nel linguaggio degli indagati e’ diventato “la mensa dei poveri”, definizione che ha dato il nome all’indagine della Dda.

C’e’ anche un episodio di “istigazione alla corruzione” nei confronti del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, che e’ parte offesa e non risulta indagato, nell’inchiesta della Dda di Milano che oggi ha portato all’esecuzione di 43 provvedimenti cautelari. Da quanto si e’ saputo, il Governatore non avrebbe denunciato l’episodio. Fontana nei giorni scorsi si sarebbe anche recato al Palagiustizia milanese probabilmente per chiarire l’episodio.

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