Ucciso non perché era gay ma perché voleva pentirsi. Il caso di Filippo Gangitano, sicario omosessuale della potentissima ‘Ndrangheta vibonese torna alla ribalta sull’ onda dell’uscita del nuovo libro di Klaus Davi “I Killer della ‘Ndrangheta” edito da Piemme (https://www.amazon.it/killer-della-ndrangheta-Klaus-Davi/dp/8856675390) che al complesso rapporto mafia e omosessualità ha dedicato un capitolo della sua ultima fatica.
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Secondo l’inedita testimonianza di un pentito ascoltato dai giudici di Catanzaro – l’ex boss Bartolomeo Arena, diventato collaboratore di giustizia da giugno 2020 – Filippo Gangitano, che tanto scandalo aveva suscitato nel mondo “macho” delle ‘ndrine per la sua dichiarata omosessualità, in realtà non sarebbe stato ucciso per la sua inclinazione controcorrente, bensì perché aveva minacciato di pentirsi. Racconta Arena: “Lui mi venne a trovare nel 1999 mentre ero agli arresti domiciliari. Era appena uscito dal carcere grazie a un permesso di 2 giorni. Si lamentò dicendomi: ‘in carcere mi trovo bene con gli zingari (con i quali condivideva la cella, ndr), mi vogliono bene, però se non risolvono i miei problemi fuori quando esco potrei andare a denunciare…'”. “Evidentemente Gangitano si riferiva al mancato supporto del clan nei suoi riguardi durante gli anni di prigionia”, spiega l’avvocato di Arena la dottoressa Giovanna Fronte del foro di Vibo Valentia. Citando il suo assistito tende a ridimensionare le voci sull’omosessualità del pentito: “Il Arena sostiene che al massimo fosse bisessuale, perché – racconta nei verbali – lo aveva accompagnato lui stesso da donne con le quali avere rapporti sessuali”.
L’orientamento sessuale, conferma l’avvocato Fronte, era comunque un tema che accendeva la discussione nell’ambito del clan. Tanto che per risolvere la questione era stato incaricato suo cugino, Andrea Mantella altro spietato Killer , al quale spettava il compito di “lavare” l’onore della famiglia. Ma veramente il Gangitano è stato fatto fuori solo perché omosessuale? Annamaria Frustaci, sostituto procuratore della DDA di Catanzaro, nutre qualche dubbio: “Se il presunto ‘vulnus’ fosse stato riconducibile a una cosa esclusivamente di natura sessuale sarebbe stato sufficiente estrometterlo dalle cariche, in gergo farlo tornare un ‘uomo di merda’.Proprio come era stato proposto dal cugino; ma noi ipotizziamo che ci fosse dell’altro dietro questo omicidio”.
Da ambienti investigativi trapela che la storia d’amore del Gangitano con il ragazzo con cui era andato a convivere, completamente estraneo agli ambienti criminali, destò il timore dei boss, in quanto l’intruso, per di più “ricchione”, avrebbe potuto fargli prendere le distanze dalla ‘Ndrangheta e dunque pentirsi. Ipotesi confermata da Antonio De Bernardo, sostituto Procuratore della DDA di Catanzaro: “Gangitano aveva trasmesso la sensazione di voler collaborare. Questa voce circolava e, dal punto di vista della ‘Ndrangheta, bastava molto meno per eliminarlo”.
E così fu presa la decisione. Gangitano venne convocato dal cugino Andrea Mantella in una masseria e fu ucciso nel 2002, Il suo corpo messo dentro dei sacchi di mangimi per animali e il cadavere non fu mai più trovato.
Nel libro di Klaus Davi, “I Killer della ‘Ndrangheta” – edito da Piemme – molto spazio viene dato all’omosessualità nascosta dei picciotti. Per il Pm Antonio De Bernardo “nella ‘Ndrangheta i gay sono diffusi esattamente come nella società. Anche se non ci sono stime ufficiali, direi che tra il 5 e il 10% per cento degli affiliati è omosessuale”.