Lun. Nov 18th, 2024

Dal novembre 2014 è stata presidente del Collegio dei revisori dei conti del Sindacato Giornalisti della Calabria

Continua....


futura
autolinee-federico-agos-24
JonicaClima
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

È morta lunedì primo maggio, negli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, la giornalista Daniela Pellicanò, dal novembre 2014 presidente del Collegio dei revisori dei conti del Sindacato Giornalisti della Calabria. Lo rende noto Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, in una nota pubblicata sul sito “Giornalisti Italia”. «Non ha mai fatto mancare il suo apporto – la ricorda Parisi – alla battaglia per l’affermazione dei valori che stanno alla base della professione giornalistica, a cominciare dalla dignità e dal rispetto per il lavoro che, in quanto tale, deve essere adeguatamente retribuito. Daniela lascia un grande vuoto nel Sindacato Giornalisti della Calabria, che l’aveva eletta in quel ruolo con grande consenso e simpatia (prima tra i revisori e quarta in assoluto) ed è a lei che, non a caso e tutte le volte possibili, affidava delicati incarichi di responsabilità».
Nata a Reggio Calabria il 24 marzo 1964, Daniela Pellicanò era giornalista pubblicista iscritta all’Ordine della Calabria dal 21 febbraio 2004. Ha collaborato con i quotidiani Il Domani della Calabria e Il Domani di Bologna ed i periodici Calabria 7, laltrareggio e Lettere Meridiane ed ha scritto alcuni libri, tra cui “Uno sparo in caserma” (Città del Sole Edizioni), che racconta la storia del maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo, suicidatosi il 4 marzo del 1995 nella caserma Bonsignore di Palermo lasciando una lettera con su scritto “Il sospetto e la delegittimazione, in Sicilia, sono sempre stati l’anticamera della soppressione fisica”, e “Colpito. La vera storia di Tiberio Bentivoglio” (Libera edizioni), una sorta di diario – con la prefazione di don Luigi Ciotti – che «racconta come si distrugge una vita quando diventa un affare di ‘ndrangheta mentre lo Stato, come un mammut gigantesco, sonnecchia in lontananza».

Di