Mar. Lug 16th, 2024

La mia conoscenza con Liliana Carbone non è una conoscenza personale, nel senso che non gli ho mai stretto la mano. E’ una conoscenza epistolare e, sicuramente, di stima reciproca, cominciata subito dopo la pubblicazione del mio libro “Fiori Recisi”. Il legame è la poesia su Massimiliano Carbone, figlio di Liliana, ucciso a Locri quando aveva appena trent’anni. La forza di questa donna minuta, maestra elementare, nel cercare la verità che ancora, dopo tanti anni, manca, è straordinaria. La sua è una lotta non tradizionale per una madre e, soprattutto, per una madre calabrese. Non credo si sia mai vestita di nero, almeno negli abiti, e non si è mai chiusa in casa, isolandosi dal resto del mondo e rimanendo sola con il suo dolore. Il suo dolore, per la tragica perdita di Massimiliano, lo ha urlato nelle strade, nelle piazze, in ogni manifestazione di Libera. Il suo dolore la spinge, ogni santo giorno, a percorrere la strada che porta alla lapide di Massimiliano, per incontrarlo e parlargli. Il suo dolore la porta a cercare un barlume di verità anche nella carta di giornale che il vento trascina per le strade nei giorni di burrasca, che il sole brucia negli angoli più nascosti di Locri, nelle nostre estati africane. Liliana, per molti abitanti di Locri, è una folle che ama i gatti randagi, che salva i cani di strada, che cerca di dare sollievo a ragazze madri sole, e intanto coltiva la memoria del figlio urlandola al cielo, secondo i bisogni della sua anima. Sciascia, nel suo bel libro “Il giorno dell civetta”, racconta di un delitto, quello dell’imprenditore edile Salvatore Colasberna, ucciso perché aveva fatto uno sgarbo al potere mafioso, partecipando ad un appalto. La voce che viene messa in giro, però, è quella del delitto d’onore. Solo l’abilità del capitano Bellodi, che segue tenacemente la pista su cui lo indirizza una lettera anonima, riuscirà a dipanare il mistero. Le lettere anonime sono lo strumento utilizzato da una società che teme i mafiosi, ma che a loro si ribella nell’intimo. Sono lo strumento di una comunità sotto scacco, ma in cui le coscienze non sono state tutte reclutate dalla cultura mafiosa. Personalmente, conobbi, molti anni fa, un capitano dei carabinieri di stanza a Locri, che al contrario di quanto di solito accade, mi fece una confidenza: Lei non sa, dottore, per ogni delitto, o per ogni crimine, quante lettere anonime riceviamo. Ecco, nel caso Massimiliano Carbone, non ci sono lettere anonime a cui aggrapparsi. Nessuna lettera anonima ricevuta dalla famiglia, nessuna lettera anonima ricevuta dalle forze dell’ordine. Nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno ha la benché minima idea del perché un ragazzo di trenta anni, titolare di una cooperativa sociale, viene ucciso da colpi di lupara una sera di molti anni fa a Locri. Domani, ventisette di Marzo, nella Locri in cui non si scrivono più lettere anonime, è prevista una cerimonia in cui saranno, solennemente, dedicate un paio di strade del paese alla memoria di alcuni caduti per mano di “ndrangheta. Diversi di quei nomi li ho citati nei miei scritti, e poesie ho dedicato nel mio libro, parlo di Gino Marino, della signora Speziali e del dottore Pandolfo, e forse di altri. Tra i nomi della cerimonia di domani non c’è quello di Massimiliano Carbone, ed io desidero evidenziarlo, e non perchè una via dedicata a Massimiliano doveva esserci per forza, ma perchè la via dove si perse il sangue di Massimiliano, e dove lui abitava, è stata dedicata, in quella stessa delibera di consiglio, a Gaetano Scirea. Nella Locri in cui più di qualcuno sa, ma in cui non si scrivono più lettere anonime; nella Locri in cui uno sguardo è un discorso intero, dedicare la strada dove si perse il sangue di Massimiliano Carbone, morto innocente di “ndrangheta, a Gaetano Scirea, mentre altre sono dedicate, nella stessa delibera fatta dal comune, a morti di mafia, può sembrare un messaggio non tanto subliminale. Il capitano Bellodi, forse, si farebbe più di qualche domanda. Ma il capitano Bellodi è il personaggio di un libro, non ha niente a che fare con le realtà di un paese che non ha più la forza di scrivere lettere anonime.

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Mogadiscio, 26/03/2019.

Vincenzo Carrozza

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