Mar. Lug 16th, 2024

Africo, Aspromonte, Calabria. Febbraio 1951.

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Fellini, il Neorealismo, Pellizza da Volpedo e il suo pittorico Il quarto stato: guardare Aspromonte – La terra degli ultimi – tratto dal libro Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco, qui reso cinema da Mimmo Calopresti, restituisce la sensazione di un concerto narrativo che sfiora e celebra con tocco palese ma non stucchevole una certa Storia del cinema e della pittura, nelle tematiche più affini alla vicenda diretta dal regista calabrese.

Una maestra, Valeria Bruni Tedeschi, che natìa del profondo Nord sceglie una remota cattedra del profondo Sud, per cercare pace al proprio tormento interiore in un avamposto del mondo, Africo, Aspromonte, paesino calabro in cui vive una comunità contadina di poverissima gente, in cui si muore di parto perché non hanno un medico e che non frequenta la scuola perché per sopravvivere è più importante saper zappare. È di questa gente anche Ciccio, “il Poeta”, personaggio onirico interpretato da un delicato Marcello Fonte, che con Francesco Colella (Peppe, il capo popolo) e Sergio Rubini (Don Totò, il villain) fanno pulsare il cuore di questa storia che sembra lontanissima dal presente eppur senza esserlo, né cronologicamente né geograficamente.

Una poesia venata di dramma – in cui anche la musica di Nicola Piovani sancisce il proprio ruolo – per Mimmo Calopresti: “Un film attuale, un’attualità che è emersa facendolo. Nel libro c’era una storia da raccontare e questi ‘ultimi’, anche nel titolo, sono parte della società attuale: sono le persone dell’Ilva per esempio, sono ancora chi non ha possibilità di scegliere di esistere. È un film fortemente condizionato dagli attori, come l’arrivo dall’esterno della maestra di Valeria è simbolo di ricchezza, cultura che giunge. Il sogno, che affermiamo con forza nel finale, è un bisogno, ma ancor più importante è che i sogni non vengano infranti: questo è il problema centrale di tutto il Sud”.

“Trovo che il film sia molto attuale, ma non solo sul Sud”, dice Sergio Rubini, per cui: “In un’epoca odierna di muri, questa comunità di miserabili vuole costruire una strada, e credo che per questo sia molto contingente”.

Un realismo di certo pragmatico quello del film, ma in cui vive anche: “Il sogno, che ti serve a darti vita. Il mio personaggio dice la verità, è aperto a respirare l’ambiente che lo circonda, nel suo essere considerato lo scemo del villaggio, questo perché la gente ha paura della verità profonda di se stessi e il suo sedersi ancora in classe con i bambini simboleggia il desiderio di cultura, quella cosa che ti rende libero”, spiega Marcello Fonte del suo poeta, un tratto che ben si armonizza con quello della maestra.

“Ho lavorato sulla solitudine e l’infelicità del personaggio: penso che un po’ tutti, quando infelici, abbiamo la possibilità di ‘dare’ per esserlo un po’ meno, capisco la mia maestra in questo sentire, la sentivo famigliare: io ‘sono stata maestra’, un lavoro che ho fatto molto seriamente per 2/3 ore tutti i pomeriggi, per oltre tre anni, con le mie bambole e mia sorella, quindi ritrovarmi nella classe mi ha molto commossa, mi ha fatta ritrovare nella mia infanzia”, racconta Bruni Tedeschi.

Fulvio Lucisano, co-produttore con Rai Cinema, è qui anche interprete: appare nel finale, al presente, nei panni ora dell’anziano uomo che un tempo fu il bambino Andrea, figlio di Peppe: torna nel fantasma urbano di Africo arrivando in elicottero, simbolo di un futuro che s’è fatto nel nome del riscatto: “Non volevo fare l’attore, Calopresti ha insistito per un piccolo flash finale. Mia nonna era di Santo Stefano di Aspromonte, aveva 16 figli: l’ho sempre frequentato, mi ha sempre attratto”, dice il 91enne produttore calabrese.

Il film esce il 21 novembre, distribuito da 01 Distribution.

fonte: Nicole Bianchi https://news.cinecitta.com/

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