Parto da un sillogismo imperfetto che forse ho già utilizzato. “I cinesi sono gialli; i cinesi sono uomini; tutti gli uomini sono gialli”.
Continua....
E’ lo stesso ragionamento che ho sentito oggi e che ho letto sui social in questi giorni e cioè che i sidernesi sono tutti mafiosi perché hanno votato un consiglio comunale sciolto per mafia. Sbagliato; sbagliato il sillogismo, sbagliate le premesse. I sidernesi sono per la stragrande maggioranza persone oneste e questo voglio che sia chiaro. Non mi piego alla logica della criminalizzazione, del “mal comune mezzo gaudio”. Io sono una persona onesta anche se mi candido a Sindaco di Siderno. Io sono una persona onesta anche se critico ed ho criticato aspramente la famigerata norma (art. 143 TUEL) che prevede lo scioglimento di comuni e provincie per infiltrazioni, norma che, non esito a ribadire, è antidemocratica (la responsabilità penale è personale, se c’è un amministratore che delinque lo arresti) ed è frutto della cultura del sospetto che permea buona parte della nostra legislazione.
La premessa era necessaria per quello che sto per dire.
C’è una strategia governativa che vuole criminalizzare tutti i comuni della Jonica ed i loro amministratori, che vuole tenere sotto il tallone di uno Stato inflessibile, come ai tempi dei piemontesi, l’intera popolazione, lombrosianamente capace solo di delinquere.
Questa in estrema sintesi la tesi del Sindaco, sostenuta poi a gran voce da tutto l’armamentario della sinistra militante (non quella barricadiera, che rispetto ma quella dei salotti buoni), presente in aula.
Tesi indubbiamente suggestiva. Ma fallace. Incontra il limite del “cui prodest” di Seneca.
A chi serve tenere sotto il tallone la nostra terra? Allo Stato? Ma siamo noi lo Stato Ai “piemontesi”? Quale vantaggio hanno nell’impoverirci e, secondo questa logica, renderci difficile l’accesso alla civiltà del consumo dal quale loro, “i piemontesi”, traggono i maggiori profitti? Qualche dubbio dovrebbe sorgere in proposito.
Chi trae profitto da tale strategia allora? La domanda non può che rimanere senza risposta anche perché noi meridionali ci mettiamo del nostro, con la malavita che abbiamo esportato in tutto il mondo e con la diffusa tendenza ad eleggere amministratori e politici inadeguati.
Io non credo nelle azioni di protesta forti, capaci solo di raggranellare consenso, credo invece che la nostra terra possa riemergere con una buona amministrazione, fatta da gente capace. Credo nella necessità di coniugare il consenso con la competenza, qualità che oggi scorrono su binari paralleli. Credo nelle persone oneste che ancora hanno voglia di fare “buona politica”. E in questo mi riallaccio all’ultima parte del discorso del Sindaco, che oggi porta sul viso le ferite di una intera comunità e solo per questo ha il mio appoggio. Con lui condivido l’avvertimento ai giovani sulle difficoltà dell’amministrare, difficoltà che si però si devono affrontare, non lasciandosi andare al senso di impotenza che porta alla rinuncia ai propri diritti elettorali, come a Platì. E’ l’unica cosa che condivido però, perché al Senatore Fuda, dopo il suo discorso, mi viene da riproporre una domanda, da me fatta diverse volte in questi tre anni: è certo il Sindaco che non sia stato sempre e solo lui l’obiettivo di questa “trama” (se trama c’è)? Questo ha fatto anche intendere diverse volte nei suoi infervorati discorsi. Ma se è così, è sicuro il Sindaco è andato incontro al suo destino. E la città ha dovuto seguire il suo destino.
Giuseppe Caruso
VOLO