Mar. Lug 16th, 2024

A sparare al professionistasarebbe stato il regginoVincenzo (Vincent) Crupi

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La rabbia omicida d’un settantenne. L’avvocato di origine italiana, Joseph (Pino) Acquaro, 54 anni, difensore di vari esponenti delle cosche della ‘ndrangheta attive a Melbourne, sarebbe stato assassinato il 14 marzo del 2016 da un altro italiano e non per ragioni di mafia. Ne sono convinti gli investigatori australiani che hanno incriminato per il delitto Vincenzo (Vincent) Crupi, 70 anni, pure lui calabrese, originario di un paesino della provincia di Reggio, che con il celebre penalista aveva avuto una serie di dissapori.

Acquaro, socio di una nota di gelateria della megalopoli oceanica – il “Gelobar” – era un personaggio molto conosciuto nella comunità italiana sia perché era stato presidente della locale Camera di Commercio calabro-australiana, sia perchè aveva più volte difeso con successo pesci piccoli e grandi della criminalità organizzata di origine calabrese. Per questo, all’inizio, le attenzioni degli inquirenti si erano concentrate sulla mafia italiana: la polizia riteneva che Acquaro avesse fatto un torto a un “godfather” trascurandone gli interessi e circolava pure voce che potesse essere la “gola profonda”, l’informatore segreto, del giornalista di Melbourne che stava ricostruendo gli affari ed i legami con la politica di esponenti locali della ‘ndrangheta.

Una tesi adesso smentita dalle indagini perché s’è scoperto che il “Gelobar” era stato parzialmente incendiato nel gennaio del 2016 e che del danneggiamento Acquaro sospettasse Vincent Crupi con il quale aveva successivamente avuto una furibonda lite. Al connazionale, secondo quanto riferito da uno dei dipendenti del bar, il legale, dopo averlo schiaffeggiato, contestava di aver «messo in pericolo la vita delle persone». Crupi, che aveva svolto dei lavori di ristrutturazione per conto del penalista proprio nello stabile che ospita la gelateria, pretendeva del denaro a saldo delle prestazioni offerte. Dei suoi sospetti sul settantenne, il penalista aveva pure parlato sia agli amici che alla polizia. Da qui l’inizio di uno scontro culminato nel delitto.

Il sospettato avrebbe atteso la vittima alla chiusura dell’esercizio pubblico, fulminandolo nell’area di Brunswick East, nel quartiere italiano di Carlton. Vincenzo Crupi è ora a giudizio davanti alla magistratura d’Oltreoceano, ma si protesta innocente. La pistola usata per eseguire l’agguato non è mai stata ritrovata. Il settantenne, secondo quanto ricostruito, sarebbe tornato nel “Gelobar” l’anno dopo la consumazione del crimine per chiedere il denaro che, a suo avviso, gli era dovuto. Pasquale Barbaro, 35 anni, è stato invece ucciso il 14 novembre del 2016 a Sidney. “Pat” era in libertà su cauzione in attesa del processo, fissato per il dicembre successivo davanti alla Corte Distrettuale australiana, per produzione e traffico della droga “Ice”.

Un processo in cui rischiava la condanna a 20 anni di carcere. Il trentacinquenne che si agghindava come il divo di “Fast & Furious”, Vin Diesel, facendosi spesso fotografare a bordo di auto fuoriserie. La sua famiglia veniva da lontano, da Platì, e lui si sentiva figlio di quella invincibile ‘ndrangheta già pienamente padrona degli “affari sporchi” in Australia nel secolo scorso.

I killer l’hanno ammazzato con 5 colpi di pistola appena uscito da una cena in casa del suo amico e “compare” George Alex, manager con il pallino del business. Per il suo assassinio sono finiti sott’inchiesta nove componenti di un sodalizio di afgani ed etichettato nel sottobosco criminale come il “clan dei ribelli” guidato, secondo i poliziotti australiani, da Abuzar Sultani, detto “Abs”, 27 anni, possibile mandante e organizzatore del crimine. Barbaro mirava ad attività di società messe in piedi sia a Sydney che a Melbourne con la “benedizione” di uno dei leader della criminalità organizzata australiana, l’ex pugile Mick Gatto.

FONTE GAZZETTA DEL SUD

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