Dom. Lug 28th, 2024

Il capi di Stato italiano e albanese si sono incontrati a San Demetrio Corone in occasione del 550esimo anniversario della morte del condottiero e patriota albanese. Una figura di riferimento per le comunità arbëreshë calabresi. Un simbolo di gemellaggio tra due nazioni 

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Solo una fastidiosa pioggia, presagio d’inverno, rovina la giornata di festa a San Demetrio Corone che abbraccia l’arrivo del presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella e del presidente d’Albania Ilir Meta. È l’incontro istituzionale che suggella i festeggiamenti per il 550esimo anno della morte di Giorgio Castriota Skanderbeg. Davanti al collegio di Sant’Adriano la comunità posa con piacere sotto i riflettori nazionali e non solo. Le bandierine delle due nazioni vengono sventolate, da giovani e meno giovani davanti al liceo ginnasio della città. Data che rimane nella storia della città che affida ai due capi di stato il compito di sfilare il telo bianco che per tutta la mattinata ha custodito dalla pioggia la targa commemorativa della giornata. Scuole, amministratori locali e non solo, soprattutto molti cittadini di cultura arbëreshë hanno dato accolto i due capi di stato con canti e balli tipici della cultura albanese. Un salto nel passato della tradizione ed un piede nel presente di popoli uniti da un forte senso di appartenenza che partì proprio dall’arrivo di Skanderbeg in terra calabra. Non è un caso che la sua figura è ricordata non solo in centri dove è forte la cultura albanese ma anche nel capoluogo di provincia. Un suo busto bronzeo veglia sul Crati là dove la città nuova si mescola con quella vecchia.

UNIONE DI POPOLI
 Arbëreshë di origini poi di adozioni, lungo i secoli di una storia che vede la Calabria essere unita con l’Albania come se le miglia nautiche non fossero mai esistite. E proprio sul forte senso di unione delle comunità italo-albanesi hanno iniziato i loro interventi Ilir Meta e Sergio Mattarella. Proprio mentre la politica vuole la divisione tra i popoli i due uomini di stato ricordano come molti sono i collanti tra tutti i popoli d’Europa. «Skanderbeg ha difeso non solo la libertà della nostra nazione – spiega Meta – ma ha difeso la libertà della nostra nazione nell’intera Europa». Ma Albania ed Italia hanno legami che negli anni si sono trasformati. Il primo grande esodo albanese a molti secoli di distanza da Skanderbeg fu proprio quello successivo al crollo del regime comunista «Negli anni novanta la caduta del regime sovietico – ha poi aggiunto il presidente Meta- ha provocato un grande esodo massiccio degli albanesi, che si sono riversati in Italia con le navi stracariche alla ricerca della libertà e di una vita migliore. Il popolo italiano amico, ha aperto le porte come cinque secoli prima. L’Italia rimane il paese di accoglienza di una delle più grandi comunità arbëreshë all’estero».

 

NAZIONI SORELLE Nelle mura del collegio di Sant’Adriano, 550 anni dopo la nascita di Skanderbeg, il culto arbëreshë è lo spirito di un incontro tra due nazioni che tra di loro hanno sempre dialogato. Nell’antico ed articolato quadro di rapporti, affinità e interessi comuni tra Albania e Italia – spiega il presidente della Repubblica italiana – gli arbëreshe costituiscono uno dei più autentici esempi dell’atavico rapporto di vellamja, di “fratellanza” tra i nostri popoli. Il Collegio italo-albanese di Sant’Adriano costituisce una testimonianza di alto significato di questo intreccio, di questa profonda e feconda commistione. Tra queste mura si formarono insigni patrioti, coraggiosi animatori dei moti calabresi del 1844 e del 1848, illustri esponenti del Risorgimento italiano e, successivamente, albanese. Qui studiò, tra gli altri, Girolamo De Rada, poeta e fondatore de “L’Albanese d’Italia” – il più antico periodico in lingua albanese del mondo – che contribuì all’indipendentismo italiano ed albanese e diede un contributo straordinario agli studi sulle radici del popolo arbëreshe». Piero Domenico Damis che si distinse durante la “spedizione dei Mille”, ma anche altri illustri uomini italiani tra tutti Francesco Crispi e Antonio Gramsci sono stati ricordati dal presidente Mattarella per le loro origini italiane. «Come Garibaldi per l’Italia, Skanderbeg non fu, infatti, esclusivamente il protagonista dell’unità albanese, ma divenne, nel tempo, il simbolo dell’orgoglio nazionale – continua Mattarella -. Un simbolo nel quale tutto il “popolo delle Aquile” si identifica, anche fuori dai confini albanesi. Egli difese strenuamente principi e valori che conservano oggi stringente attualità: l’accettazione della diversità, e il rispetto delle identità dei singoli, quale punto di partenza per l’edificazione di un’identità nazionale che trascende e include, valorizzandole, le specificità di ciascuno». Ed è questo il passaggio chiave del discorso del presidente per arrivare al vero tema della giornata: l’integrazione tra popoli. «Gli arbëreshe – conlcude Mattarella – costituiscono una storia di integrazione e accoglienza che ha avuto pieno successo, un esempio di come la mutua conoscenza e il reciproco rispetto delle culture siano strumento di crescita per le realtà territoriali e per i Paesi in cui le diverse comunità vivono. La preservazione delle antiche origini, la reciproca influenza, la fusione armonica di lingua, cultura e tradizioni, sono state nei secoli e sono ancora oggi il “valore aggiunto” di queste comunità. Realtà che svolgono un’essenziale funzione di ponte tra i due “popoli di fronte”, come spesso ci si riferisce ad albanesi e italiani.

UNA NUOVA FASE Ha risposto presente il presidente Mattarella all’invito del sindaco di San Demetrio Corone Salvatore Lamirata. Ma il primo cittadino non vuole fermarsi qui. La sua idea è di ridare al collegio di Sant’Adriano un nuovo volto centrale nella formazione arbëreshe con una sinergia degli istituti scolastici e universitari. « Noi rappresentiamo il principio della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. Qui si è formata la comunità arbereshe, favorendo l’amicizia tra i due popoli, stabilendo un legame vero e autentico», ha spiegato il sindaco. Orgoglioso della terza visita in terra calabra il presidente della regione Mario Oliverio. «La presenza della comunità albanese in Calabria vive da oltre cinque secoli e testimonia la buona accoglienza e integrazione, l’accoglienza non ha alternative se non il rispetto degli uomini e delle comunità – dice il governatore -. Con il presidente Mattarella ho un rapporto di amicizia e stima – ha poi concluso Oliverio – abbiamo condiviso il percorso parlamentare e non a caso la sua prima uscita pubblica da Presidente della Repubblica l’ha fatta qui in Calabria dove ha inaugurato la cittadella regionale. Oggi arriva per la terza volta in Calabria e posso affermare che ha un forte legame con il Sud e con la nostra terra, e conosce bene le problematiche della nostra terra».

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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