A un indagato viene contestato il delitto della donna, in concorso con altri due soggetti. Ricostruito anche il movente dell’assassinio di Corigliano
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Grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è stato possibile far luce sull’omicidio di Maria Chindamo, uccisa a Limbadi il 6 maggio 2016. È quanto emerge dall’operazione “Maestrale-Carthago” effettuata stamattina nel vibonese che ha portato all’arresto di 81 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, scambio elettorale politico mafioso, violazione della normativa sulle armi, traffico di stupefacenti, corruzione, estorsione, ricettazione, turbata libertà di incanti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e altri reati, tutti aggravati dal “metodo mafioso”. A un indagato in particolare vengono contestati una serie di delitti tra i quali la partecipazione all’associazione mafiosa riconducibile alla cosca Mancuso, reati in materia di armi e stupefacenti, diverse estorsioni per l’accaparramento di fondi agricoli, nonché l’omicidio, in concorso con altri due soggetti (di cui uno deceduto e uno all’epoca dei fatti minorenne) di Maria Chindamo, commesso a seguito del suicidio di Vincenzo Puntoriero (avvenuto l’anno precedente, in data 8 maggio 2015) e per punire la donna per la recente relazione sentimentale dalla stessa istaurata, venuta alla luce con la prima uscita pubblica della coppia appena due giorni prima dell’omicidio, oltre che per l’interesse all’ accaparramento del terreno su cui insiste l’azienda agricola divenuta nel frattempo di proprietà esclusiva della Chindamo e dei figli minori.