Mar. Ago 6th, 2024

Il senatore e presidente dell’Antimafia attacca il gruppo parlamentare: «Chi non ha verificato si assuma le sue responsabilità»

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«Penalmente parlando una parentela non ha e non può avere rilevanza alcuna. Penalmente però. In Calabria, terra di ‘ndrangheta, c’è da ragionare “alla Gratteri”, o, se preferisce, “alla Di Matteo”». È quanto afferma il senatore M5S, Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, in un’intervista al Corriere.it, con riferimento alla vicenda, resa nota nei giorni scorsi dal “Fatto quotidiano” del candidato governatore Aiello cugino di primo grado del boss Luigi Aiello, ucciso per questioni di mafia a Soveria Mannelli il 21 dicembre 2014.
«“Al minimo dubbio, nessun dubbio” diceva Gianroberto Casaleggio e – prosegue Morra nell’intervista al Corriere.it – mi sembra che sia questa la filosofia da sposare. D’altronde noi abbiamo sempre detto che le persone non sono insostituibili, al contrario dei valori e delle idee».
Morra osserva che «una parentela non è un reato» ma ricorda che «anche in assenza di reati abbiamo preso le distanze da nostri candidati, anche a ridosso del voto, come avvenuto sempre in Calabria nel 2014 e nel 2016. Confido comunque nel fatto che prevarrà la coerenza». Secondo il senatore M5S e presidente dell’Antimafia, infine, nella vicenda della parentela “scomoda” di Aiello i controlli «non hanno funzionato certamente a livello del nostro gruppo parlamentare calabrese. Chi l’ha fatto – conclude Morra – dovrebbe assumersene la responsabilità, non cercare scuse o sminuire l’accaduto».

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