Dom. Set 1st, 2024

Dev’essere proprio una verità inconfutabile, quella sostenuta da Aristotele, nel definire le scienze matematiche come dimostrazione di efficienza, di ordine, di simmetria. E di limiti.
Appare tanto palese, talvolta, l’evidenza di questi ultimi, da assumere le sembianze di una talentuosa inettitudine, in materia di contabilità e bilancio.
Un’incapacità probabilmente non voluta ma certamente tanto evidente, da insinuare quasi una incipit di incredulità per l’ostentata inesperienza con la quale si propina come migliore scelta per il bene di un Paese, un improbabile e scardinato corollario contabile.
Inesperienza che porta con tutta evidenza – ma erroneamente – qualcuno a sostenere che, dopo l’approvazione del rendiconto, gli enti locali abbiano facoltà di impiegare l’eventuale avanzo d’amministrazione, in maniera totalmente libera, senza vincoli nè parametri prestabiliti.
Ebbene, questi prodi ma improvvisati condottieri, farebbero meglio ad eseguire una poderosa virata delle proprie asserzioni e considerare i cospicui paletti – previsti proprio in materia di destinazione dell’avanzo di amministrazione – dall’ordinamento giuridico (in generale) e dalla giurisprudenza contabile (in particolare). Senza tralasciare quelli puntualmente introdotti dall’attività giurisdizionale della Corte dei Conti.
Nello specifico del conto consuntivo 2018 del Comune di Locri, il dato documentale dal quale partire è il valore emerso nell’ambito del rendiconto comunale, registrato in un avanzo finale pari a € 4.155.645,44.
Risulterebbe velleitario (quasi fanciullesco), credere che tale somma possa essere spalmata ed investita tout court, totalmente e liberamente, in attività e servizi sociali, viabilità o restituzione dei tributi.
Una specifica norma – il Dlgs n° 126 del 2014 – riscrive in maniera tassativa le modalità di calcolo dell’avanzo di amministrazione. Un calcolo che – obbligatoriamente – deve seguire l’iter cautelativo previsto nell’interesse della stabilità finanziaria dell’ente e scaturente dall’addizionale tra il Fondo di cassa (incrementato dai residui attivi e diminuito da quelli passivi), al netto del Fondo pluriennale vincolato.
E sarà soltanto la quota libera dell’avanzo di amministrazione, quella a poter essere utilizzata – con variazione di bilancio attuabile in qualunque momento – per la copertura di debiti fuori bilancio, per spese di investimento o spese correnti.
Passiamo dalla teoria ai numeri reali.
Il risultato di amministrazione alla fine dell’esercizio è dato dal fondo cassa esistente al 31 dicembre 2018, nello specifico – in quella data – il Fondo di Cassa del Comune di Locri (computate le riscossioni, i pagamenti, il saldo di cassa ed i pagamenti per le azioni esecutive non regolarizzate) risulta ammontare a € 4.543.230,45, il quale maggiorato dei menzionati residui attivi e diminuito da quelli passivi, consegna all’Ente un Avanzo di Amministrazione pari a € 4.155.645,44.
Il risultato di amministrazione risulta, quindi, essere positivo (di avanzo), verosimilmente grazie ad una gestione scrupolosa e prudente degli ultimi anni.
La parte del risultato finanziario, deve però, doverosamente, fare i conti con quelli che – in premessa – abbiamo definito “cospicui paletti” normativi.
Ai sensi dell’art. 187, comma 1, del T.U. 18 agosto 2000, n. 267, l’avanzo dev’essere necessariamente (necessariamente -si badi – e non per mera discrezionalità o prudenza aleatoria) distinto in alcune quote che la Legge definisce come Fondi Vincolati, Fondi destinati agli Investimenti, Fondi Accantonati e, solo in ultimo, Fondi liberi.
Per il Comune di Locri, la parte accantonata necessaria a dare copertura ai crediti di dubbia esigibilità rilevati al 31 dicembre 2018, è stata pari a € 3.863.826,11.
Destinare una quota al Fondo crediti di dubbia esigibilità (DPCM 28 Dicembre 2011), significa – in parole semplici – disporre di un fondo rischi per far fronte a quei crediti di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale.
Per tali crediti, è obbligatorio effettuare un accantonamento (al fondo crediti di dubbia esigibilità) nel bilancio di previsione e vincolare una quota del risultato di amministrazione. La scelta dell’ammontare è riservata alla discrezionalità dell’ente e solitamente viene calcolata sulla base di una media degli incassi relativa al quinquennio precedente.
Le altre somme accantonate, corrispondono alla creazione del Fondo contenzioso, pari a € 250.000,00 ed all’esigua somma di € 2.888,00, come quota di indennità di fine mandato del Sindaco, prevista e disciplinata dall’art. 82 del TUEL e dall’art. 10 del DM 119/2000.
In riferimento alla previsione del Fondo contenzioso – disciplinato dal D. Lgs. n. 118/2011 (Aggiornato al Decreto ministeriale del 20 maggio 2015) e dall’art. 167 del TUEL – deve tenersi in considerazione la giurisprudenza contabile della Corte dei Conti (sent. n° 14 del 23 giugno 2017, sez. Aut.) – la quale ha chiarito e ribadito la doverosità di accantonamento per la copertura del rischio di contenziosi di “soccombenza probabile”.
Non si dimentichi come le quote accantonate siano, comunque, utilizzabili solo a seguito del verificarsi dei rischi per i quali sono stati accantonati e come, in ogni caso, sia sempre consentito – attraverso il bilancio di previsione – l’utilizzo delle quote accantonate e risultanti dall’ultimo consuntivo approvato.
Stiano – dunque – tranquilli gli untori nostrani ed approfondiscano, piuttosto, i basilari concetti economici in tema di contabilità pubblica, in maniera da non confondere il concetto – complessivo – di avanzo di amministrazione con quello – svincolato e residuale – di avanzo libero di amministrazione.
Non si tratta di un eccesso di prudenza e neppure di indecisione gestionale, dunque, bensì di virtuosità finanziaria ed oculatezza nell’amministrazione del denaro pubblico, nel pieno rispetto del trattato normativo.
Un pò come la differenza di atteggiamento e programmazione, tra coloro i quali appena riscuotono lo stipendio, decidono di spenderlo tutto (al bar, per vestiti o beni desiderati) e coloro i quali ne accantonano coscienziosamente una quota (ma nel caso degli enti pubblici, non si tratta di discrezionalità ma di scelta doverosa e obbligata!), per far fronte alle difficoltà che verranno.
Eppure, la favola della formica e della cicala, avrebbe dovuto insegnare qualcosa.

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