Mar. Lug 16th, 2024

Inchiesta “New Gerantion”: secondo la Dda di Reggio sarebbe uno dei capi

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«Difetta la precisa individuazione di elementi fattuali a carico del ricorrente capaci, al di là del mero vincolo familiare o parentale, di offrire una prova indiziaria altamente qualificata circa l’esistenza di una sua condotta di partecipazione all’associazione di tipo mafioso, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare l’adesione al perseguimento dei comuni fini criminosi». Lo scrivono i giudici della Cassazione nella motivazione della sentenza con cui hanno annullato con rinvio l’ordinanza cautelare emessa dal gip distrettuale reggino, e confermata dalTdl, nei confronti di Riccardo Francesco Cordì nell’ambito del procedimento penale denominato “New Generation-Riscatto II”.
I giudici della sesta sezione penale hanno accolto i motivi di gravame presentati dagli avv. Nico D’Ascola e Antonio Nocera, coadiuvati dall’avv. Marco Panella, che hanno riguardato i 6 capi di imputazione
contestati al 27enne di Locri, tra cui la partecipazione a un’associazione mafiosa e il ruolo apicale inun’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Accuse pesanti che hanno portato ipmdella Dda reggina, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri di Locri, a chiedere nei giorni scorsi per il 27enne Cordì la condanna a 20 anni di reclusione nel filone del processo che si sta celebrando con il rito abbreviato dinnanzi al gup reggino.
Rilevano i giudici romani che: «quanto al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., in un contesto indiziario
sufficientemente chiaro nel delineare l’esistenza storica per essere stata accertata in diversi procedimenti
giudiziari – di uno specifico clan della ’ndrangheta pienamente operante nella Locride, nota come “cosca Cordì” perché facente capo ad alcuni parenti del ricorrente -, i dati di conoscenza a carico di quest’ultimo
risultano molto sfumati e di portata non meglio definita: avendo il Tribunale del riesame affermato
in maniera assertiva che Riccardo Francesco Cordì era “collocato nell’organigramma di quella consorteria mafiosa”, desumendo, in maniera logicamente del tutto sganciata, la conferma di quella prima indicazione dal fatto che il prevenuto si fosse posto a capo di una “collegata” associazione per delinquere
dedita al traffico di sostanze stupefacenti alla quale avevano aderito anche “soggetti collegati o contigui
al sodalizio mafioso”». Per quanto concerne il delitto di partecipazione a un’associazione dedita al narcotraffico: «Va rilevato –scrivono i magistrati della Cassazione –come, a fronte del richiamo operato
dai giudici del riesame al tenore di numerose conversazioni intercettate dagli inquirenti su vicende
riferibili alle iniziative organizzate di soggetti interessati alla compravendita di droghe, molto indeterminate siano le circostanze fattuali riferibili a Riccardo Francesco Cordì » .

fonte gazzetta del sud

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