Sab. Lug 27th, 2024

Presentato a Catanzaro l’ultimo rapporto dell’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno. Il presidente Giannola: «A Gioia Tauro non si può perdere tempo»

Continua dopo la pubblicità...


CAMPAGNA-ANTINCENDIO-2024_6x3mt-4_page-0001
futura
JonicaClima
amacalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

La Zes è la grande opportunità per il Sud e per la Calabria. A ribadirlo, più volte, è Svimez che nelle pagine del suo rapporto sul Mezzogiorno sottolinea come le opportunità di sviluppo che le zone economiche speciali portano con sé, se sfruttate a dovere, potranno risultare determinanti per tutto il Paese.
Il rapporto è stato presentato nella mattinata di lunedì all’università “Magna Graecia” di Catanzaro dal presidente nazionale di Svimez, Adriano Giannola, e dai docenti universitari i docenti degli atenei calabresi Francesco Aiello, Vittorio Daniele e Giuseppe Soriero, alla presenza del pro-rettore dell’Umg Francesco Saverio Costanzo, del presidente della Regione Mario Oliverio.
«Per la prima volta ci sono degli indirizzi chiari da parte del governo – ha detto Giannola parlando ai giornalisti prima del suo intervento – che sono orientati al rilancio strutturale del Sud: la Calabria ha delle grandi opportunità come Gioia Tauro. Il recupero occupazionale che c’è stato è insoddisfacente dal punto di vista qualitativo per stabilità e tempi di impiego. Ecco perché non si può perdere tempo, occorre scegliere pochi obiettivi e raggiungerli rapidamente mettendo a sistema tutti gli strumenti disponibili».

INVESTIMENTI Proprio le Zes che saranno attivate nel Mezzogiorno, allora, risulteranno importanti per «l’infittimento del tessuto produttivo meridionale, andando oltre le misure già esistenti, occorre dotarsi di una politica specifica per l’attrazione degli investimenti esterni. Un primo importante passo è senz’altro la recente previsione delle Zone economiche speciali, per le quali si auspica una rapida implementazione attraverso i decreti, che punti, in questa prima fase, alla concentrazione sia delle risorse sia del loro numero, individuando strategicamente i luoghi, da gestire con una governance semplificata e trasparente: si potrebbe immediatamente partire con alcune aree portuali e retroportuali di sviluppo logistico in una prospettiva euromediterranea. È importante un’attività intensa di analisi e studio delle esperienze in fase più avanzata di definizione, anche in chiave di confronto internazionale (si riporta l’esperienza positiva delle Zes polacche, che si conferma anche nel 2016), per le successive localizzazioni in tutte le regioni del Mezzogiorno», si legge nel rapporto.
In sintesi, il sistema Mezzogiorno, nell’analisi condotta sui dati 2015 e 2016, sembra vivere un momento positivo tanto da indurre Svimez a parlare di fine del periodo di lunga recessione, quello che è iniziato con la crisi economica del 2008 e i cui effetti, ancora oggi, influenzano il sistema economico nazionale e mondiale.
Per comprendere quanto gli anni di crisi siano stati nefasti, basta un dato: «La ripresa si consolida, un risultato dunque per nulla scontato, confermato dalle nostre previsioni, in cui il Mezzogiorno tiene sostanzialmente il ritmo della ripresa nazionale (nel 2017 +1,3%, l’Italia va al +1,5%). Proseguendo a questi ritmi, il Sud recupererebbe livelli precrisi nel 2025, tre anni prima rispetto alle previsioni di luglio. Si tratta una prospettiva certo non rosea, che non scongiura il rischio di una certa permanenza delle gravi conseguenze economiche, sociali e demografiche prodotte dalla crisi e dalla stagnazione che l’aveva preceduta. Tuttavia, il dato conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che il Mezzogiorno non è una causa persa, e che calibrando l’intensità e la natura degli interventi nell’area si può mettere in campo una politica economica complessiva che miri precipuamente all’accelerazione del tasso di crescita».

RECESSIONE Svimez, però, nel parlare di Mezzogiorno, non manca di sottolineare con il Sud sia stato capace di resistere alle bordate della recessione economica. Ogni regione in misura differente, ma tutte, sono state capaci di non soccombere. È quella che Svimez definisce “resilienza alla crisi”, portata avanti attraverso elementi positivi come la crescita delle esportazioni anche in un periodo di rallentamento del commercio internazionale, segnale di produzioni competitive e di qualità e la ripartenza della domanda interna, rispetto alla quale il Mezzogiorno appare particolarmente reattivo. Come detto, non tutte le regioni meridionali sono state omogenee nella risposta alla crisi: le performance migliori sono state registrare in Campania e Basilicata.
La Calabria ha fatto segnare performance negative per calo demografico (-0,3% nel 2016 rispetto all’anno precedente: sono 1.965.100 i residenti), contrazione dell’occupazione nel settore industriale (-3%) e incremento della disoccupazione totale, che è passata dal 22,9% al 23,2%. Più che triplicato, poi, il dato sul ricorso alla Cassa integrazione in deroga: +311,7% tra il 2015 e il 2016.
Proprio in tema di occupazione, l’intero Mezzogiorno ha fatto registrare dati contrastanti: se è vero, infatti, che da un lato si può considerare in aumento l’occupazione, dall’altro bisogna necessariamente considerare la qualità dei contratti attivati. Per Svimez, infatti, «l’occupazione è ripartita, con ritmi anche superiori al resto del Paese, ma mentre il Centro-Nord ha già superato i livelli pre-crisi, il Mezzogiorno resta di circa 380 mila sotto il livello del 2008, con un tasso di occupazione che è il peggiore d’Europa. Gli andamenti dell’ultimo biennio non riescono tuttavia a invertire la preoccupante ridefinizione della struttura e della qualità dell’occupazione che si è determinata con la crisi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale. Il biennio di ripresa occupazionale non ha sostanzialmente inciso su questo quadro: nella media del 2016 a livello nazionale si registrano ancora oltre 1 milione e 900 mila giovani occupati in meno rispetto al 2008. gli occupati a tempo parziale “esplodono” nella crisi e continuano ad aumentare più marcatamente nella ripresa, complessivamente un milione in più rispetto al 2008, con andamenti sostanzialmente simili a livello territoriale. L’aumento del part time non deriva dalla libera scelta individuale degli occupati di conciliazione dei tempi di vita, né tanto meno da una strategia di politica del lavoro orientata alla redistribuzione dell’orario. Esso è interamente ascrivibile al part time “involontario”, cioè all’accettazione di contratti a tempo parziale in carenza di posti lavoro a tempo pieno, che ha consentito ad una quota sempre maggiore di occupati di mantenere nella crisi e/o di trovare nella ripresa un’occupazione. La riduzione dell’orario di lavoro, deprimendo i redditi complessivi, ha contribuito alla crescita dell’incidenza dei lavoratori a bassa retribuzione: la quota dei lavoratori a bassa retribuzione è rapidamente salita nel corso della fase recessiva dal 30% a circa il 35%, L’incremento del lavoro a bassa retribuzione al Sud è una delle ragioni principali per cui, anche nella fase di ripresa, i miglioramenti congiunturali in termini di prodotto e occupazione non hanno avuto un significativo impatto sull’emergenza sociale che nelle regioni meridionali rimane altissima».

EXPORT Quanto agli indicatori positivi, la Calabria registra un forte incremento delle esportazioni, cresciute tra il 2015 e il 2016 del 10,6%. Positivo ma decisamente più contenuto l’incremento delle importazioni dall’estero: +0,4%. Salgono gli occupati in agricoltura, +2,5%, l’occupazione in totale, +0,5%, e i depositavi bancari, +1,3%. Aumenta anche il Pil calabrese: +0,9%, ma il dato aggregato dal 2000 al 2016 rimane ancora negativo per il 9,7%.
Il grido d’allarme che invece Svimez lancia per tutto il Mezzogiorno è relativa alla perdita demografica: «Nel 2016 si è avuta un’ulteriore conferma della crisi demografica delle regioni meridionali insorta nei primi anni Duemila e aggravatasi nel corso della pesante recessione economica. Il Sud non è già più un’area giovane né tanto meno il serbatoio di nascite del resto del Paese, e va assumendo tutte le caratteristiche demografiche negative di un’area sviluppata e opulenta, senza peraltro esserlo mai stata. In base alle tendenze in atto, mentre la dinamica demografica negativa del Centro-Nord è compensata dalle immigrazioni dall’estero, da quelle dal Sud e da una ripresa della natalità, il Mezzogiorno resterà terra d’emigrazione “selettiva” (specialmente di qualità), con scarse capacità di attrarre immigrati dall’estero, e sarà interessato da un progressivo ulteriore calo delle nascite».
Una perdita non solo umana, ma anche economica, tanto da indurre Svimez a calcolare una stima del depauperamento del capitale umano meridionale: «Considerato il saldo migratorio negativo dell’ultimo quindicennio, una perdita di circa 200 mila laureati meridionali, e moltiplicata questa cifra per il costo medio a sostenere un percorso di istruzione terziaria, la perdita netta in termini finanziari del Sud ammonterebbe a circa 30 miliardi di euro. Si tratta di quasi 2 punti di PIL nazionale, una stima “minima” che non considera molte altre conseguenze economiche negative ma che dà la dimensione di un fenomeno che pesa sul Mezzogiorno anche in termini di trasferimento di risorse finanziare verso le aree più sviluppate».
«Il problema della Calabria non è spendere interamente le risorse a disposizione ma utilizzarle bene. Ma c’è un altro punto: non si è paladini del riscatto se si presta il fianco all’assistenzialismo, chi governa e le forze sociali devono fare un salto di qualità mettendo in campo ogni energia al servizio della produttività e della crescita del territorio». Così Mario Oliverio ha commentato i dati del Rapporto Svimez, elencando poi una lunga serie di misure attivate dalla Regione che per la prima volta «mostrano concretamente come si sia spostato l’asse degli investimenti da una concezione prettamente assistenziale ad una strategia fondata su due obiettivi sostanziali: il miglioramento delle condizioni infrastrutturali e il sostegno alle imprese».
Quanto alla tanto attesa Zes, Oliverio ha spiegato: «Su Gioia Tauro stiamo definendo col Governo un piano per realizzare una Zes che coinvolga anche gli altri porti commerciali della Calabria e l’aeroporto di Lamezia Terme. Proprio domani incontrerò a Roma i ministri Delrio e De Vincenti per affrontare questa nostra proposta: una Zes che si articoli nelle aree industriali e che funzioni in maniera da ricucire il territorio calabrese».

Print Friendly, PDF & Email

Di