Mer. Lug 17th, 2024

E’ andato in onda su Rai Uno nella prima serata di ieri, il tanto atteso film “Liberi di Scegliere”. Ambientato a Messina e Reggio Calabria, racconta la storia di Marco Lo Bianco, giudice del Tribunale dei Minori di Reggio, interpretato da Alessandro Preziosi, e del suo sogno di strappare i ragazzi alla ‘ndrangheta.
Il lungometraggio è ispirato alla vera storia di Roberto Di Bella il Presidente del Tribunale Minorile di Reggio Calabria che ha il grande merito di aver cambiato radicalmente l’approccio nei confronti dei figli delle famiglie mafiose appartenenti alla ‘ndgrangheta.
Vedendo giorno dopo giorno sedere nella stessa aula di tribunale i figli delle più importanti famiglie mafiose della provincia, ha capito una cosa: la ‘ndrangheta non si sceglie, si eredita.
In questo modo le famiglie si assicurano il potere sul territorio, grazie alla continuità generazionale, costringendo i figli a fare il mestiere dei padri.
Queste le considerazioni che hanno permesso di trovare una strategia che desse loro modo di svincolarsi da un destino già segnato, allontanandoli dall’ambiente in cui sono cresciuti, accorgendosi così che limitando o in alcuni casi facendo decadere del tutto la responsabilità genitoriale, sarebbe stato possibile offrire a questi giovani una visione diversa del mondo e della propria vita.
Un film attento in ogni scena all’aspetto psicologico dei personaggi. Dal ragazzo protagonista che interpreta Domenico Tripodi, ultimo componente della potente famiglia mafiosa e l’enorme peso che questo porta, a suo fratello che devastato dalla prigione tenta il suicidio. La regia di Giacomo Campiotti ha prestato molta attenzione anche al ruolo che la donna riveste in questi contesti. Dalla figlia che si ribella alla costrizione di un matrimonio non voluto, alla madre ormai succube di un sistema dal quale non vuole fuggire.
126 minuti che hanno emozionato tutta l’italia facendo capire a chi è fuori da questo mondo ciò che si prova e facendo riflettere chi invece, questa realtà la vive ogni giorno, ma soprattutto dimostrando che un alternativa c’è: la libertà.

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MARCELLA MESITI|redazione@telemia.it

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