Gio. Ago 15th, 2024

Ingorgo nel Pd tra uscenti e pretendenti. Malumori in Forza Italia per il rientro di Bilardi. Nel M5s ci penserà la Rete. L’accordo tra i partiti prevede che si voti il 24 settembre con i collegi del ’93 (e sulla base di un censimento Istat del ’91, a rischio costituzionalità)

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È l’ultima trovata in commissione Affari costituzionali a terrorizzare adesso i parlamentari calabresi non sicuri di una riconferma. Ed è quella che riguarda la composizione dei collegi. L’accordo trovato alla vigilia dell’approdo della nuova legge elettorale alla Camera prevede che, in caso di scadenza anticipata della legislatura, si andrà al voto con quelli già sperimentati al tempo del Mattarellum (1993). Allora però alla Camera i collegi erano 475 e al Senato 225.
Primo interrogativo: come si fa a usare tale metro se il “tedeschellum” di collegi ne prevede molti di meno? La soluzione è indicata in un emendamento approvato in commissione e sui cui c’è l’accordo di Pd, M5S, Fi e Lega. Per i collegi della Camera si userà la ripartizione dei collegi del Senato (Mattarellum), visto che il numero è lo stesso (225). Per il Senato i 225 collegi vengono accorpati a due a due, col resto di uno assegnato a qualche regione “fortunata”. Con una legge elettorale approvata nella prima decade di luglio ci sarebbe spazio anche per andare al voto il 24 settembre, che poi è il centro dell’accordone tra le quattro maggiori forze politiche del Paese.
Tirando un po’ le somme, in Calabria i seggi assegnati con l’uninominale per la Camera sarebbero otto; la metà, quattro, quelli in palio per il Senato. A questi vanno aggiunti i seggi con il listino bloccato su base regionale: ogni partito potrà presentare quattro candidature per Montecitorio e due per Palazzo Madama.
Sarà questa la soluzione definitiva? Diversi dubbi di costituzionalità vengono avanzati in queste ore. Uno su tutti: per approvare questa legge si utilizzano i collegi disegnati sull’Italia uscita fuori dal censimento Istat 1991. Risultato? Ci saranno collegi con 400mila elettori e altri con 700mila aventi diritto. Il Viminale, di prassi, impiega 45 giorni a disegnare i collegi, un periodo durante il quale è evidente che non si possono sciogliere le Camere. Un dato, comunque, pare acquisito: la Sibaritide voterà compatta gli stessi candidati, il pericolo per Corigliano e Rossano di ritrovarsi spacchettati in due collegi differenti è stato (sembra definitivamente) sventato.
La compressione dei collegi e, quindi, degli spazi in lista rende spietata la lotta per un posto al sole. Si annuncia una competizione serrata non solo tra partiti, ma soprattutto all’interno dello stesso partito. Si prenda il Pd dove tra uscenti e pretendenti l’elenco è davvero lungo. È evidente che qualcuno rimarrà a bocca asciutta, soprattutto se Matteo Renzi dovesse continuare a premere l’acceleratore su candidature di rinnovamento.
Altro particolare di non poco conto: tra i dem sta prendendo corpo l’ipotesi di evitare al massimo candidature multiple, ovvero il posto in lista può essere concesso o nell’uninominale o nel listino bloccato. In entrambi è quasi impossibile, a meno che non si cambi nuovamente linea.
Relativamente più facile il discorso in Forza Italia, al cui interno non abbonda il personale politico. E forse proprio in questa direzione deve essere letto il recente ritorno tra le file forziste del senatore reggino Giovanni Bilardi. Non troverà tappeti rossi, l’ex alfaniano, perché c’è chi come Nino Foti e Alessandro Nicolò, rappresentanti della vecchia guardia azzurra, ambisce a riguadagnare spazio dopo gli anni dello strapotere scopellitiano nell’allora Pdl.
E poi c’è il Movimento 5 Stelle. Qui le candidature saranno, more solito, stabilite dalla Rete. Gli uscenti come Nicola Morra, Dalila Nesci, Federica Dieni e Paolo Parentela scalpitano, ma dovranno fare i conti con le nuove leve desiderose di giocare la partita da titolare.

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