Gio. Ago 15th, 2024

Riportiamo, integralmente, le meravigliose omelie proclamate, presso il santuario diocesano di Nostra Signora dello Scoglio (fondato da Fratel Cosimo, oltre mezzo secolo fa), dal successore degli apostoli della diocesi di Locri Gerace, monsignor Francesco Oliva in occasione delle solenni celebrazioni in onore di Nostra Signora dello Scoglio, per il 55° anniversario della prima apparizione.

Continua dopo la pubblicità...


CAMPAGNA-ANTINCENDIO-2024_6x3mt-4_page-0001
futura
JonicaClima
amacalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

(Omelia del 10 maggio 2023)

Anche quest’anno come da più di cinquant’anni torniamo allo Scoglio, per lodare il Signore e benedire il suo nome nel nome di Maria, la madre che continua ad accompagnare il nostro cammino. Continua anche oggi a mostrarci il suo volto. Un volto materno, benigno, sorridente, orante! Continua ad affidarci al suo Figlio e ad avvicinarci a Lui.

Ringrazio il Signore per tutti voi, pellegrini di Maria e amici del suo Figlio Gesù. So che avete affrontato un lungo viaggio per essere qui, fedeli ad un pellegrinaggio che ormai si ripete da più di mezzo secolo. Un pellegrinaggio che è impreziosito dall’ascolto della Parola, dall’Eucaristia. Non manca il conforto di Fratel Cosimo, che sostenuto dalla Grazia di Dio e dal suo grande amore per la nostra Signora dello Scoglio a tutti dona sempre una parola di conforto. Un fratello che ha consegnato la sua vita nelle mani Maria, perché Maria mostrasse il suo volto di madre a tanti gli uomini e donne, appesantiti dal fardello dei propri errori e dalla stanchezza della vita. Rendiamo grazie al Signore che attraverso strumenti così umili e fragili ci manifesta il suo amore. Abbiamo bisogno oggi più che mai di uomini e donne che si danno al Signore, che consacrino la propria vita a servizio degli altri, che non ricerchino solo il proprio interesse, che vadano incontro a chi è nel bisogno. Abbiamo bisogno di uomini e donne che come Fratel Cosimo siano a tempo pieno in ascolto delle umane sofferenze, che sappiano dare parole di consolazione a chi soffre e mostrare con la vita la bellezza del Vangelo.

Tanti di voi venite qui con il desiderio di Dio. Cercate il Signore, anche senza saperlo. Avete bisogno di chi ve lo indichi. Venite in questo luogo solitario per dire a Maria: Sei nostra Madre, mostraci il tuo volto e ritroveremo la pace. Accoglici fra le tue braccia. Aiutaci nelle nostre difficoltà. Portale insieme a noi. A Maria consegniamo il nostro vissuto quotidiano con le sue povertà e fragilità, le attese e speranze, ma anche con le sue sconfitte e fallimenti. A Maria chiediamo di rialzarci quando cadiamo, di riportarci sulla retta via quando ci siamo persi e allontanati da Dio, di avere uno sguardo di predilezione verso di noi nella sofferenza, di aiutarci ad essere uomini e donne di pace. Chiediamo la pace per il mondo intero. Imploriamo la conversione del cuore. Perché il mondo smetta di costruire armamenti che non portano se non morte e distruzione. Che le risorse siano spese per quanti hanno fame e mancano del necessario. Non è possibile che l’uomo continui a spendere soldi in armamenti quando c’è gente che ancora muore di fame.

Una domanda vorrei consegnare a ciascuno: Cosa vuol dirci Maria questa sera?

Ciascuno di noi può scoprirlo nel silenzio, nell’ascolto e nella preghiera. Di una cosa sono certo: che la madre Maria la pensa come il Figlio Gesù. Quello che chiede Gesù lo vuole anche la madre. Gesù ci chiede: “Rimanete in me e io in voi”. Lo stesso invito ci rivolge la Madre. Ci chiede di restare uniti a Gesù, se vogliamo portare frutto. Con questo invito di Gesù l’evangelista Giovanni ci indica la speciale relazione che si deve instaurare tra noi e Gesù. Il cristiano che dimora in Cristo porta molti frutti. Siamo fecondi instaurando una relazione stabile con lui. La vita matura accanto a Gesù.

Concretamente abbiamo almeno tre modi per rimanere con Gesù: l’ascolto della Parola, la vita sacramentale, l’amore per il prossimo.

Maria c’insegna con la sua vita a rimanere con Gesù nell’ascolto della sua parola. Lei è stata donna dell’ascolto. Si rimane in Gesù quando dedichiamo del tempo alla Parola di Dio. Quando cerchiamo di viverla nella quotidianità. Quando ci chiediamo in ogni cosa: Come si comporterebbe Gesù in questo momento al posto mio? cosa direbbe di me per quel che ho fatto? come reagirebbe al mio posto? Cosa si attende da me?

La relazione con Gesù si alimenta attraverso i Sacramenti, che rappresentano un modo privilegiato per rimanere con Gesù. Penso in particolare all’Eucaristia e alla confessione. Rimanere in Gesù è accostarsi ai sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. E’ fare quello che ha fatto Gesù, avere i suoi stessi sentimenti, operare secondo il suo stesso comportamento, fare le stesse cose che faceva Lui. Attraverso l’Eucaristia Gesù si fa nostro cibo, entra nella nostra vita e vuole restarvi: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6, 56-57). Dunque, l’Eucaristia è un grande dono per rimanere uniti a Cristo. Quale posto occupa nella nostra vita la celebrazione domenicale?

La nostra vita sperimenta anche errori e fallimenti, cadute ed infedeltà. Sappiamo cosa dovremmo fare, ma spesso seguiamo il male, pecchiamo. Non dimentichiamo che attraverso la confessione possiamo recuperare la relazione persa con i fratelli e con Dio, ritrovare il perdono e la pace, recuperare le nostre relazioni infrante.

Fondamentale e fonte di vera gioia è impostare ogni nostra relazione sulla carità. La carità ci porta a riconoscere Gesù nel volto dei fratelli.

Una bella domanda per noi cristiani è questa: Io rimango in Gesù o sono lontano da Lui? Sono unito alla vite che mi dà vita o sono un tralcio morto, incapace di dare frutto? Gesù desidera relazionarsi con noi, entrare in dialogo con noi. Quanto tempo gli dedichiamo? Riusciamo a condividere con lui ogni aspetto di noi, come avviene tra amici? Chiediamo allo Spirito di poter sostare sempre più col Signore per poi riconoscerlo lungo la strada della nostra esistenza.

 “Rimanete in me”. Gesù, per spiegarci bene che cosa vuole dire con questo, usa l’immagine della vite: “Io sono la vite vera, voi i tralci” (cfr Gv 15,1.5). E ogni tralcio che non è unito alla vite finisce per morire, non dà frutto; e poi è buttato via, per fare il fuoco. Rimanere in Gesù è ricevere vita da Lui, l’amore da Lui, lo Spirito Santo da Lui. Ma se noi ci stacchiamo da Lui, siamo cristiani a parole soltanto; siamo cristiani, ma morti, perché non diamo frutto.

Allo Scoglio “benedetto” – come ripete spesso Fratel Cosimo – possiamo recuperare la bellezza del rimanere con Gesù attraverso Maria. Ad Jesum per Mariam”, scriveva san Luigi Maria Grignion de Monfort: Maria ci porta a Gesù. Ed è proprio così: come ha fatto con Gesù, Maria ci prende per mano, ci rialza, ci nutre con il suo amore di mamma, ci protegge e, pian piano, ci fa crescere e ci avvicina a Gesù. C’insegna come rimanere in Gesù con la sua vita, sempre in relazione col Figlio. L’ha accolto al momento del concepimento. L’ha tenuto fra le sue braccia, l’ha accompagnato nella sua crescita, s’è presa cura di Lui, si è preoccupata di Lui, l’ha seguito in tutti i suoi movimenti. Ha gioito con Lui, l’ha messo al sicuro quando Erode lo perseguitava, era con lui nel momento della festa a Cana di Galilea. Lo seguiva quando era in compagnia dei discepoli. Era con Lui nella preghiera al tempio. L’ha seguito nel momento della sofferenza. Era con Lui ai piedi della croce, quando tutti lo avevano abbandonato.

Con Gesù acquista vera efficacia la nostra preghiera: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto” (Gv 15,7). Ecco la forza della preghiera: “Chiedete quello che volete”, la preghiera è potente, tanto che Gesù fa quello che chiediamo. Ma la nostra preghiera è debole, se non è fatta veramente in Gesù, col suo stesso spirito e con i suoi stessi sentimenti. Non dà i suoi frutti, se manca il legane con Gesù. L’onnipotenza della preghiera viene dal rimanere in Gesù; dall’essere uniti a Lui, come il tralcio alla vite. Che il Signore ci dia questa grazia.

Il modo migliore per essere uniti al Figlio è passare attraverso la Madre. Rimaniamo uniti a Gesù restando uniti a Maria.

Ti preghiamo Maria, Tu che sei rimasta sempre unita a Gesù ed hai portato molto frutto, aiutaci a testimoniare nel mondo il Signore Risorto.

Maria, nostra Signora dello Scoglio,

sempre attratti dal tuo materno volto,

a te ci rivolgiamo con l’affetto del figlio,

sei nostra madre, non siamo in pace senza di Te

la paura ci prende e l’ansia ci opprime,

donaci il coraggio di rialzarci, dopo la caduta,

di mettere in conto delusioni, sconfitte e fallimenti.

Accetta il nostro poco e la sincera confessione di volerti amare.

Aiutaci a ritrovare energie nuove per proseguire il nostro cammino. 

Insegnaci a vivere il Vangelo del tuo Figlio,

a riconoscere che la vita è dono dell’amore del Padre.

A te ci affidiamo, Maria,

tu sei nostra madre profondamente immersa nella nostra storia,

presente e partecipe nei nostri problemi

donaci la capacità di affrontare la vita col coraggio della fede. Amen!

(Omelia 11 maggio 2023)

Risuona nella liturgia di oggi un invito meraviglioso che Maria, nostra Signora dello Scoglio, rivolge a tutti noi attraverso le parole del Figlio: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. E’ la rivelazione dell’amore del Padre verso di noi. Il figlio di Maria ci ama come il Padre ha amato Lui. Con un amore eterno, pieno, perfetto, totale, senza risparmio. un amore pervasivo, trasformante, gioioso, pieno, integrale. E’ un amore da accogliere e custodire e soprattutto da vivere. E’ una forza, un fuoco che arde e ravviva la nostra vita.

L’invito a “rimanere nell’amore di Gesù” qui allo Scoglio ‘benedetto’ ci viene ripetuto anche dalle labbra di Maria. Maria è la voce del Figlio, che ci ricorda sempre le parole del Figlio. Ce le ricorda e nello stesso tempo apre il nostro cuore ad aderire ad esse. E’ l’invito che Maria da tantissimi anni vuole far sentire ai suoi devoti.

Per tutti Voi, cari fedeli, venuti da ogni dove, chiedo la protezione della Vergine Maria dello Scoglio che possiate rimanere nell’amore verso Gesù e verso tutti, portando sempre con voi la gioia del Signore risorto.

“Rimanere nell’amore”: ecco la consegna che l’esperienza dello Scoglio fa a tutti i suoi devoti, in qualunque situazione si trovino, da qualunque parte vengano. Solo “il rimanere nell’amore” può ripagare i sacrifici del lungo viaggio, le difficoltà del percorso, l’umile povera accoglienza in questo luogo solitario, l’esperienza di qualche ora di “deserto spirituale” per chi è abituato alla città.

La spiritualità dello Scoglio auguro a tutti che possa essere un patrimonio spirituale che alimenti la vita di ciascuno nella perseveranza dell’amore di Dio, attraverso Maria, diventando un vero “faro di luce e di speranza”. E’ la spiritualità dell’uomo semplice, umile, che viene dalla terra e che non ha nulla di che vantarsi se non dell’amore folle di Dio, di cui s’è innamorata una giovinetta come Maria.

Questo luogo è un luogo sacro grazie a Maria, che ha saputo trasmettere ad un umile servo, fratel Cosimo, l’amore per Lei. Un amore che s’è fatto consacrazione. Chi s’innamora di Maria non si chiude in se stesso, ma sente dover trasmettere il “fuoco d’amore” che ha dentro. Un fuoco che brucia, non un semplice sentimento o un’emozione passeggera, una fede solida, non deboli umori mutevoli, mai riducibili ad un semplice modo di pensare. Questa è la fede: amore per Dio, impegno per un mondo più umano e solidale, speranza di vita eterna, azione di grazia, carità e dialogo, incontro, rendimento di grazie, lode e celebrazione della misericordia di Dio. E’ impegno a lottare, operare e vivere in modo degno, responsabile, rispettoso dell’uomo che s’incontra e della terra che si calpesta, dell’ambiente che si abita. Questa fede sfigura, quando è ridotta a consuetudine, a fredda morale, a tradizione familiare. E non la si vive come incontro gioioso e personale con Gesù. Il cristiano è un discepolo, colui che continua a seguire Gesù nella quotidianità. La sua fede è intima relazione con Cristo nel quale incontra “un Dio amore”, che attrae ed appassiona. Come dice Giovanni evangelista: “E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha per noi. Dio è amore” (1Gv 4, 16).

Nel Vangelo di oggi (Gv 15,9-17) Gesù, dopo aver paragonato Sé stesso alla vite e noi ai tralci, ci ha ricordato qual è il frutto di coloro che rimangono uniti a Lui: il frutto dell’amore. Ci ha invitato a rimanere nel suo amore, perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena. Ci chiediamo: qual è questo amore in cui Gesù ci dice di rimanere per avere la sua gioia? È l’amore che ha origine nel Padre, perché «Dio è amore» (1 Gv 4,8). E’ lo stesso con il quale il Padre ama il Figlio: amore puro, incondizionato, gratuito. Non si può comprare, è gratuito.

Come si fa a rimanere in questo amore? Lo dice Gesù con tanta chiarezza: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore» (v. 10). Sono i comandamenti che Gesù riassume in uno, facile da memorizzare: «Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (v. 12). Un amore secondo la misura con cui ci ha amati Gesù: una misura senza misura. Amare come ama Gesù è mettersi al servizio dei fratelli, uscire da sé, distaccarsi dalle proprie sicurezze, dalle comodità, aprirsi agli altri. E’ mettersi a disposizione, con tutto ciò che si è e con tutto ciò che si ha. E’ amare non a parole, ma con i fatti e nella verità. E’ dire di no a tanti altri “amori”, che il mondo predilige: l’amore per il denaro, per il successo, per il potere, per la vanagloria.

Il rimanere nell’amore dona gioia: «Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v. 11). E la gioia che il Signore possiede, perché è in totale comunione col Padre, quella gioia che vuole sia anche in noi in quanto uniti a Lui. La gioia di saperci amati da Dio nonostante le nostre infedeltà, ci fa affrontare con fede le prove della vita, ci fa attraversare le crisi per uscirne migliori. Vivere questa gioia è proprio del discepolo del Signore. La gioia è il suo vero segno distintivo. Il cristiano non è triste, ha gioia dentro, anche nei momenti difficili. Accettare l’amore non meritato di Cristo, accettare il fatto che egli ci ama di un amore eterno, è provare una gioia senza limiti, la gioia che si esprime nelle lacrime del pentimento e negli inni di lode e di ringraziamento. Perché questa gioia raggiunga la pienezza, occorre sforzarsi di fare la volontà del Padre, essere pronti a portare la propria croce quotidiana, a sopportare l’assenza di ogni altra gioia, anche se legittima.

Vivere la gioia è la vera sfida del cristiano. Il filosofo Friedrich Nietzsche accusava i cristiani di questa carenza: “Dovrebbero cantarmi canti più gioiosi. Dovrebbero avere volti da salvati perché io creda ne loro Salvatore”.  Il motivo della letizia che pervade il cattolico autentico è quindi lo stesso Gesù Cristo. Il Vangelo della gioia è quello che abbiamo cantato più volte in questo tempo pasquale: «Cristo è risorto! Cristo ti ama! Alleluia! Alleluia!». Quanto più il Signore è vicino a noi tanto più siamo nella gioia; più Lui è lontano, più siamo nella tristezza. Questa è una regola per i cristiani, ci ricorda papa Francesco. Da volto del cristiano deve trasparire la bellezza del Risorto.

Nelle litanie lauretane invochiamo Maria come causa della nostra gioia. Gesù la causa della gioia di Maria, come riferisce l’Angelo: “Rallegrati Maria, sei la piena di grazia, il Signore è con Te”. Se il Signore è la causa della gioia di Maria, Maria è la causa della nostra gioia.

Mi permetto una domanda provocatoria: Perché veniamo allo Scoglio? Non entro nelle ragioni personali. Ma penso che per giustificare questo pellegrinaggio allo Scoglio basti il desiderio di far provvista di gioia, di gioia vera, quella che solo una madre può darci, quella che abbiamo quando accogliamo dalle stesse mani di Maria il Figlio, suo Gesù.

Non torniamo dallo Scoglio senza Gesù.

Il pellegrinaggio allo Scoglio ‘benedetto’ per antica tradizione è ormai per tutti un pellegrinaggio mariano, ma anche eucaristico e penitenziale. Lo è divenuto grazie a Maria, che ci indica Gesù e ci fa sentire il bisogno di convertirci a Lui.

O Maria nostra Signora dello Scoglio, accogli le nostre povertà, sii fonte della nostra gioia nelle fatiche di ogni giorno, quando il cielo della vita si copre di nubi, e il sole non sembra riscaldare i nostri cuori. Allo Scoglio ‘benedetto’ veniamo per fare provvista di gioia. Donaci la tua gioia, quella che ti ha fatto magnificare il Signore per le grandi cose compiute in te. Noi ti riconosciamo causa della nostra gioia. Sia nostra vera gioia, trasforma i giorni tristi in incontri gioiosi col Figlio tuo. Mostraci la gioia del suo regno. Ogni nostra fatica diventi leggera e ci porti a scoprire il volto del Dio della pace.

O nostra Signora dello Scoglio, non permettere che la nostra fede s’indebolisca, che ci perdiamo dietro cose inutili e preoccupazioni vane, sostieni il nostro amore per i più poveri e bisognosi, ravviva in noi la carità e la benevolenza nella continua ricerca di Dio, Bellezza senza fine. Amen.

ip Vescovo e Fratel Cosimo
il vescovo Oliva assieme a Fratel Cosimo
Print Friendly, PDF & Email