Il Decreto Sanità Calabria n. 35 del 2019 potrebbe, in generale, apportare maggiori benefici all’intero comparto sanitario, evitando la grossissima emigrazione sanitaria verso altre regioni che incide per circa 320 milioni di euro, penalizzando le vendite delle aziende associate all’Afoc e i pazienti, che sono costretti ai cosiddetti viaggi della speranza. A lanciare l’allarme è la stessa Afoc, ovvero l’associazione che raggruppa le aziende calabresi del settore dei dispositivi medici e dei servizi connessi, che sul tema ha voluto investire i proncipali referenti istituzionali, nazionali e regionali, inviandogli una lettera aperta, condivisa anche dalla Confcommercio: dal presidente della Repubblica, ai ministri e presidenti delle commissioni competenti, per finire al governatore della Calabria, ai commissari ad Acta della Sanità, e ai presidente degli ordini dei medici di tutte e cinque le province della nostra regione. Le aziende fornitrici del comparto ospedaliero, viene spiegato nella missiva, si dicono poi “estremamente preoccupate per la deriva e soprattutto per lo stallo che potrebbe apportare alle loro attività lavorative future” l’articolo 6 dello stesso decreto 35. Gli operatori del settore dei dispositivi medici e dei servizi, in Calabria, sono infatti circa un centinaio, con qualcosa come mille addetti: “un numero importante, considerando la realtà economica e lavorativa di questa terra”, ribadiscono, ed a cui va aggiunto, ovviamente, l’indotto, di per sé anche rilevante. Molte di queste aziende, poi, operano nel settore da più di 30 anni, con grande professionalità e dedizione offrendo un servizio costante al comparto della sanità, investendo e credendo nella propria terra nonostante le tante avversità. L’Afoc, inoltre, ribadisce nella lettera aperta un elemento non di poco conto, ovvero come “a memoria, in tutti questi anni di attività le indagini della magistratura, per fatti di corruzione e collusione” non abbiano riguardato mai le aziende associate. Pertanto gli stessi operatori si dicono “colpiti profondamente da quanto in questi giorni si è letto ed esplicitato nella relazione illustrativa al Decreto Sanità che le accosta tutte, indistintamente, al malaffare, cavalcati costantemente tutti i giorni dagli organi di stampa regionali”. L’ANALISI DELLA SITUAZIONE CALABRESE Con la missiva, poi, l’Afoc ha voluto informare i referenti politici ed istituzionali della situazione attuale che vive il settore nella nostra regione. A fronte di una incidenza in percentuale sulla spesa nazionale totale dei dispositivi medici pari al 5,25%, viene sottolineato, la Calabria ha un incidenza del 2,5%, così spiegano i dati del Ministero Sanità riferiti all’anno 2017. Le aziende, dunque e a tal proposito, non ritengono “che questo sia il problema per risanare il bilancio della sanità calabrese” Un altro elemento evidenziato nella missiva è quello dei tempi medi dei pagamenti. I fornitori ospedalieri della Calabria evidenziano infatti e come riportato nei dati Dso Assobiomedica del marzo di quest’anno) che la media nazionale, in questo senso, è di 113 giorni, mentre quella calabrese è addirittura di più del doppio: 350 di giorni. Impietosa l’analisti sulle strutture ospedaliere: i cinque peggiori nosocomi a livello nazionali sono proprio calabresi: per esempio, e sempre secondo Afoc, l’Azienda Universitaria Mater Domini di Catanzaro “vanta” una media dei pagamenti di ben 485gg.; a seguire l’Asp di Crotone con 405 gg; quella di Catanzaro, 379 gg.; Vibo Valentia con 343gg. e infine l’AO Pugliese-Ciaccio di Catanzaro con 335. Ritardi che costringono inevitabilmente le aziende fornitrici a sostenere ulteriori oneri finanziari, senza contare che i dati rilevati da Assobiomedica non corrisponderebbero esattamente alla realtà regionale, dove i tempi di pagamento risulterebbero di gran lunga maggiori. L’INCERTEZZA INTERPRETATIVA Con queste premesse, pertanto, le aziende del comparto, data “l’incertezza interpretativa” del Decreto, chiedono dei chiarimenti e delle garanzie per i crediti pregressi, e fanno anche presente nella missiva come i quantitativi di gara siano irrisori rispetto ad altre regioni italiane e che la spesa inerente alla logistica sia nettamente più alta. Le associate Afoc, inoltre, vogliono evidenziare “che laddove gli Enti Appaltatori per gli acquisti di Beni e Servizi annessi per la Regione Calabria, dovessero ledere i loro interessi e limitare i loro diritti di concorrenza, le stesse si difenderanno nelle sedi opportune anche nel rispetto del D.L. 24/04/2014 n.66 a tutela delle micro e piccole imprese”. “Alla luce delle criticità sopra evidenziate – prosegue la lettera – si chiede una radicale rivisitazione dell’art.6 del decreto legge n.35 del 2019 conformemente alle norme del decreto legislativo n. 50 del 2016 e delle norme costituzionali a tutela della categoria da noi rappresenta, con l’avvertimento che, in caso di attuazione dello stesso, senza alcuna modifica, l’Afoc attiverà tutti i mezzi al fine di tutelare i propri diritti”. Le associate, infine, fanno sapere di essere disponibili a “a qualsiasi incontro che possa essere chiarificatore per un proficuo lavoro futuro”.
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