Ven. Nov 22nd, 2024

di Rosella Cerra
Si tratta del “fattore Omega”, una tassa applicata ai comuni in predissesto e alle aziende in difficoltà di pagamento che penalizza paradossalmente le regioni che producono molta più energia di quella che consumano e che immettendo il resto nel circuito nazionale, senza averne dunque alcun vantaggio. È un parametro che si applica quando si entra in “regime di salvaguardia”, così detto perché non possono staccare la spina ai comuni ed alle aziende, ma fanno pagare più care le bollette. Ma non è la stessa per tutti!
La Calabria è la regione che paga il più alto fattore omega, il quale per il biennio 2018/19 era di 84,79 euro al MWh, mentre è “sceso” a 51€/MWh nel biennio 2019/20.
Per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ad esempio le tre regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata, il fattore Omega è il più basso, “sceso” a 13,98€/MWh per la Lombardia [era a 16 nel 2017/18] e a 12,39 per le altre due [prima era 18,66].
I valori più alti sono comunque nel Sud Italia, con la Sicilia al secondo posto con un omega di 39,96 €/MWh. Calabria e Sicilia attualmente sono le uniche regioni ad essere gestite dall’Enel!

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Cioè un comune calabrese in predissesto, per il solo fatto di essere in Calabria paga una tassa il quadruplo di quella che pagherebbe un comune nelle stesse condizioni in Lombardia, in Emilia o in Veneto!
Le tre regioni in questione hanno però un deficit energetico, ossia producono meno energia del loro fabbisogno. Ed ecco anche la beffa.
Secondo i dati più aggiornati al 2018 dell’ENEA :
“Le regioni con maggiori surplus di produzione totale di energia elettrica rispetto alla richiesta sono: Puglia (+12,8 TWh) e Calabria (+11,5 TWh). Mentre quelle con maggiori deficit sono: Lombardia (-24,1 TWh), Veneto (-16,2 TWh), Campania (-7,7 TWh) ed Emilia Romagna (-6,8 TWh)”.
Produciamo di più e paghiamo di più!

La denuncia di questa stortura era già stata fatta nel 2014 dal sindaco di Amendolara (CS) e ripresa da alcuni giornalisti, ma da allora poco è cambiato e non è stata fatta assolutamente chiarezza su questa vicenda. Anzi l’applicazione del fattore omega potrebbe coinvolgere anche tutti gli utenti che entro il mese di luglio 2020 non saranno passati al mercato libero.
Ci potremmo trovare quindi in molti tra utenti, comuni ed aziende in “sistema di salvaguardia”.
Ad esempio il comune di Lamezia Terme ultimamente è stato in regime di salvaguardia per tre mesi nel 2018 e tre mesi nel 2019. Quindi su una bolletta comunale mensile in media di 160 mila euro, la penale pagata sarebbe stata molto elevata. Se la sovrattassa è del 30% in più sarebbero stati pagati 48.000 euro per ogni mese! E per poterla pagare i comuni sono costretti ad aumentare a loro volta i tributi ai cittadini! Ma c’è chi lamenta che la tassa è del 40 o 50% in più! Basta poco per passare in “salvaguardia”. Può essere anche una dimenticanza, una disattenzione, scarsità di personale o mancanza di fondi, e scatta la superbolletta.

Questa è una situazione che interessa moltissimi comuni calabresi. Anche i sindaci dei comuni di Nocara e Trebisacce all’inizio del 2019 lanciavano un appello ai loro colleghi a fare squadra con un interrogativo: “Perché sono le regioni del Sud quelle che vengono sempre più penalizzate?”
Ma circa un anno fa fu fatta anche una interrogazione parlamentare rivolta ai ministri dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’Interno e per il Sud. Mentre ora si vuole proporre addirittura una legge che intervenga sulla stortura e “raddrizzi” le quote.

Occorre quindi invertire la rotta, cambiando proprio la politica energetica regionale e del mezzogiorno per avere notevoli vantaggi sia economici che ambientali. Le strategie ci sono. Innanzitutto promuovendo un sistema di “energia a km zero”, in Calabria un progetto pilota è stato fatto dal comune di Longobucco , cofinanziato nell’ambito del POI [Programma Operativo Interregionale] Energie 2007-2013 .
Progetti dove il produttore è anche consumatore, estendendo il proprio bacino di utenza al condominio, al quartiere o al comune stesso, costituendo una “comunità dell’energia”, così come definita dalla recente Direttiva Rinnovabili europea e dal Regolamento della governance dell’energia per l’unione. Infatti l’art. 22 comma 2): “Gli Stati membri assicurano che le comunità di energia rinnovabile abbiano il diritto di: a) produrre, consumare, immagazzinare e vendere l’energia rinnovabile, anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile; b) scambiare, all’interno della stessa comunità, l’energia rinnovabile prodotta dalle unità di produzione detenute da tale comunità produttrice/consumatrice di energia rinnovabile”.
I suggerimenti e le direttive vengono dall’Europa, ma sta noi a pretendere, e rendere reale, la loro applicazione!
Una proposta di legge in questa direzione è stata fatta dal M5S circa un anno fa, ma ancora è in attesa di calendarizzazione.