Un milione di meridionali negli ultimi tre anni ha scelto il Nord per curarsi. Tra loro, Giuseppe, che percorre l’Italia per visite e interventi, raccontando difficoltà e speranze.
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Giuseppe, 69 anni, di Seminara (Reggio Calabria), è uno dei tanti “migranti della salute”. Da cinque anni affronta lunghi viaggi per sottoporsi a cure oncologiche fuori dalla sua regione. Affetto da un tumore al colon, si è affidato al Policlinico Gemelli di Roma e all’Istituto Nazionale Tumori di Milano, scegliendo strutture del Nord per la sua battaglia contro la malattia.
«Conosco l’ambiente degli ospedali della mia provincia, ma ho preferito curarmi altrove. La salute è mia: meglio la gestisco, meglio mi trovo», racconta Giuseppe. E come lui, secondo un sondaggio Emg Different, un milione di persone dal Sud Italia ha scelto di curarsi al Nord negli ultimi tre anni. Solo in Calabria, il 43% dei pazienti oncologici si rivolge a strutture fuori regione, attratti da un’assistenza che percepiscono più affidabile.
Le difficoltà di un viaggio della speranza
Nonostante la presenza di validi specialisti in Calabria, Giuseppe sottolinea le lacune organizzative: «Il problema è trovare un chirurgo che ti segua prima, durante e dopo l’intervento». Per questo motivo ha costruito una rete di medici di fiducia sparsa tra Roma e Milano. «A novembre torno a Milano per un controllo. Di solito rimango due o tre giorni, ma ogni spostamento è una spesa ingente: un viaggio costa almeno un migliaio di euro».
La moglie Rosa, che lo accompagna in ogni visita, descrive i disagi dei trasporti: «Spesso è un viaggio della speranza. Abbiamo impiegato anche 13-14 ore di treno, nonostante l’alta velocità. L’ultima volta abbiamo avuto due ore di ritardo».
Il supporto delle organizzazioni di volontariato
Per chi, come Giuseppe e Rosa, è costretto a lunghi soggiorni lontano da casa, il sostegno di associazioni come CasAmica è fondamentale. L’organizzazione, attiva da 38 anni in Lazio e Lombardia, offre alloggio vicino ai principali poli ospedalieri. Solo nel 2023, CasAmica ha registrato un incremento del 25% nelle richieste, accogliendo pazienti e familiari con oltre 43mila notti di ospitalità.
«Queste strutture sono una benedizione», spiega Rosa. «Oltre all’accoglienza, offrono un luogo dove condividere le esperienze con chi vive lo stesso dramma. Aiutano a sentirsi meno soli».
La delusione per la sanità calabrese
Giuseppe non nasconde la sua amarezza: «In Veneto ci sono ospedali che sembrano hotel a cinque stelle, con medici competenti e organizzati. Perché in Calabria non possiamo avere lo stesso? Da noi sono rimasti solo i muri, il mare e le montagne».
Un’amara constatazione che riflette una realtà condivisa da tanti, per cui la migrazione sanitaria è una necessità, non una scelta.