Mar. Lug 16th, 2024

Grande gioia, la settimana scorsa, fra i numerosi pellegrini accorsi, da ogni parte d’Italia e d’Europa, come ogni mercoledì e ogni sabato (in cui si svolgono gli incontri di preghiera con i sacerdoti e Fratel Cosimo), al santuario diocesano Nostra Signora dello Scoglio. Infatti, a sorpresa, l’arciprete di Caulonia centro, don Antonio Magnoli, accompagnato da un gruppo di devoti cauloniesi, ha portato la reliquia, contenuta in un braccio d’argento, del tanto amato e venerato Sant’Ilarione abate, patrono di Caulonia, per una benedizione. Un gesto molto bello e apprezzato da tutti, quello dell’attivo e molto stimato sacerdote, che ha riempito di gioia pure il cuore di Fratel Cosimo, molto devoto a Sant’Ilarione. Tra l’altro, il nome del compianto padre del mistico placanichese, è Ilario. Originario di Ursini di Caulonia, il papà assieme alla mamma di Fratel Cosimo Fragomeni, la signora Maria Mazzà, hanno sempre testimoniato una profonda devozione verso Sant’Ilarione abate. Un grande santo eremita, che nacque da genitori pagani verso il 291, a Tabata, piccola città della Palestina. Dati storici evidenziamo che Ilario fu mandato, ancora fanciullo, ad Alessandria d’Egitto per compiere gli studi, e si distinse per vivacità d’ingegno e integrità di costumi. Rapidi furono i progressi nelle scienze umane: non meno rapido fu l’avanzamento nella pratica delle cristiane virtù, allorché  conosciuta la vera religione si convertì al Cristianesimo. Come riporta il sito di santi e Beati: “Avido di udire la divina parola, fu sempre sollecito nell’intervenire alla sacra predicazione e nell’assistere ai divini uffici. Nauseato della vita licenziosa in Alessandria e mosso dall’ardente desiderio della perfezione cristiana, abbandonò quella città per recarsi in Tebaide presso S. Antonio abate. Fu a quella scuola che apprese vivo amore alla solitudine, all’orazione e alla penitenza. Ma il grande concorso delle persone che venivano ad Antonio per ammirarne la santità o riceverne consiglio presto lo annoiò; sicchè, abbandonato quel luogo nel 307, fece ritorno al tetto paterno, dove, con suo profondo dolore apprese della morte degli amati genitori. Privo ormai d’ogni umano conforto si abbandonò totalmente nelle mani della Divina Provvidenza e donata parte dei suoi beni ai fratelli e parte ai poveri, lasciò definitivamente la casa paterna, per ritirarsi a Maiumma, luogo solitario della Palestina. L’ardore con cui si diede alla vita monastica, cambiò quel deserto che fin allora aveva servito di covo agli assassini, in un’oasi di santi uomini, che da lui diretti, eressero diversi monasteri. Interrogato una volta il Santo da alcuni malviventi sul come si sarebbe comportato qualora i ladri l’avessero assalito, rispose: “Un uomo povero e nudo non teme i ladri”. “Ma ti potrebbero togliere la vita” soggiunsero. “Questo è vero, replicò il Santo, ma io non temo la morte, perchè sono sempre apparecchiato a ben morire”.
Mirabilmente soggiogò le sue passioni con la preghiera e con le continue e aspre penitenze, riducendo all’ubbidienza della volontà il corpo ribelle. Spendeva i suoi giorni unicamente nel servizio del Signore, alternando la preghiera e la contemplazione con lo studio delle Sacre Scritture e il lavoro manuale. Vestì molto poveramente e si cibò sempre di erbe e di pochi fichi: solo negli ultimi mesi fu costretto a prendere un po’ di minestra. Nonostante le macerazioni e le mortificazioni che infliggeva al suo corpo, toccò la bell’età di 80 anni. Scrive S. Girolamo che prima di rendere l’anima a Dio, il vecchio steso in terra su di una rude stuoia, sorpreso dal timore del giudizio, andasse ripetendo a se stesso: “Di che temi o anima mia? Perchè ti conturbi se per quasi settant’anni hai servito il tuo Signore?”.
A Pafo, nel 372, il Signore lo chiamò a ricevere il premio. Il suo corpo glorioso fu dal discepolo Eusebio riportato al monastero di Maiumma.”

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Un’altra versione storica (PUBBLICA SU “iL SANTO DEL GIORNO”, è la seguente:

Ilarione nacque da genitori pagani in un villaggio chiamato Thabata, a sud di Gaza in Palestina. Inviato a studiare ad Alessandria, a circa quindici anni si fece cristiano. Per un breve periodo rimase con S. Antonio (17 gen.) nel deserto egiziano, imitandone l’estremo ascetismo. Trovando però difficile resistere alle numerose occasioni di distrazione create dalle persone che venivano a far visita al celebre maestro, tornò nella nativa Palestina in cerca di vera solitudine (questa costante ricerca di tranquillità e isolamento è uno dei temi principali della sua vita); arrivato a Gaza, seppe della morte dei genitori: dopo aver distribuito la propria eredità tra i fratelli e i poveri, si ritirò in un luogo chiamato Maiuma, situato tra il mare e una palude, dove intraprese una vita estremamente dura, secondo ciò che aveva imparato da S. Antonio in Egitto. Si dice che non si cambiasse la tunica finché non era logora e che non lavasse mai il proprio cilicio perché a suo parere «è inutile cercare pulizia in un cilicio». Si dice anche che abbia vissuto per molti anni nutrendosi solo di quindici fichi al giorno, non mangiando mai fino al tramonto; in seguito si convinse ad aggiungere alla dieta verdure, pane e olio, per riuscire a sopravvivere. Da principio visse in una capanna di giunchi, ma in seguito si edificò una cella più solida che misurava all’incirca un metro e venti per un metro e mezzo, e che era ancora visibile ai tempi di Girolamo. Pare che, mentre si trovava a Maiuma, Ilarione abbia compiuto molti miracoli, soprattutto guarigioni e liberazioni di indemoniati. Durante l’isolamento nel deserto, egli fu tentatissimo, soffrendo profonda aridità spirituale e pericoli di disperazione, ma, nonostame tali prove, riuscì a perseverare nella preghiera. S. Girolamo riferisce che il santo, pur avendo vissuto molti anni in Palestina, una volta sola visitò i Luoghi Santi a Gerusalemme, e quella volta per un solo giorno. Vi si recò per non dare l’impressione di disprezzare ciò che la Chiesa onorava, ma, secondo S. Girolamo, non vi tornò più per non dare l’impressione di credere che l’adorazione di Dio fosse limitata a luoghi specifici (e possiamo forse pensare che avrebbe aborrito i luoghi di pellegrinaggio, con le loro folle di gente, sentendoli come fonti di distrazione dalla solitudine per lui così necessaria per la preghiera).
 Dopo parecchi anni vissuti a Maiuma, la sua fama si diffuse talmente che la gente accorreva in massa per vederlo e per ottenere la sua assistenza; un gruppo di discepoli si unì a lui contro la sua volontà, ed egli se ne rattristò, dicendo: «Ho fatto ritorno nel mondo e ricevuto la mia ricompensa in questa vita. Tutta la Palestina mi stima, e io col pretesto delle necessità dei fratelli possiedo una fattoria e delle proprietà». Decise pertanto di lasciare il suo paese natio, dando inizio a una serie di viaggi senza fine che intraprese per tutto il resto della vita, sempre alla ricerca di un luogo dove poter vivere in completa solitudine. Tornò per un certo periodo in Egitto, quindi si recò in Sicilia e da lì in Dalmazia: sperava di riuscire a rimanere sconosciuto andando in luoghi di cui non conosceva la lingua, ma i suoi poteri miracolosi non gli permettevano di vivere in pace.
 Si stabilì alla fine a Cipro, dove godette di una certa tranquillità, pur venendo disturbato da alcuni visitatori, tra cui anche S. Epifanio (12 mag.), vescovo di Cipro, che scrisse a S. Girolamo a proposito del santo eremita. Quando morì, %rione aveva quasi ottant’anni: la popolazione del luogo avrebbe desiderato edificare un sacrario per i suoi resti, ma il suo discepolo S. Esichio (3 ott.) rimosse segretamente il corpo e lo riportò a Maiuma.
La celebrità di Ilarione è dovuta alla Vita scritta da S. Girolamo (30 set.) tra il 382 e il 396, a circa vent’anni dalla morte dell’eremita. L’intenzione di Girolamo era di dimostrare che Ilarione era stato un secondo S. Antonio e il fondatore del monachesimo in Palestina: può quindi aver in una qualche misura arricchito l’argomento, ma il racconto è nella sostanza fondato. Questa Vita si diffuse in molte versioni in tutta la Chiesa d’Oriente, fu tradotta in greco, in armeno e in copto, dato che di per sé testimonia la popolarità del culto. In Occidente S. Beda elencò Ilarione nel suo martirologio: secondo una leggenda il corpo del santo sarebbe stato traslato in Francia, dove, in particolare a Duravel, esistono testimonianze di un culto antico. È il patrono di molti villaggi di Cipro e appare in numerose icone e m
osaici.

Don Antonio Magnoli e Fratel Cosimo Fragomeni
Don Magnoli mentre benedice la folla con la preziosa reliquia
Il braccio d’argento, contenente la preziosa reliquia, posizionato su un piccolo altare, durante la celebrazione
Il santuario, gremito di fedeli
La statua di Sant’Ilarione, custodita a Caulonia
In prima fila i devoti cauloniesi, con la poliziotta del Corpo della Polizia locale cauloniese, Antonella Siciliano, di scoorta alla preziosa reliquia
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